La Corte di Giustizia Ue ferie è intervenuta sul tema ferie non retribuite, stabilendo che il dipendente pubblico prima di dare dimissioni ha diritto a un’indennità finanziaria, mentre la legge italiana prevede che i dipendenti pubblici non abbiano in nessun caso il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate. Le ferie non godute vanno pagate, quando il lavoratore del pubblico impiego si dimette e non riesce ad usufruirne. Secondo la Corte Ue, gli Stati membri non possono addurre motivi connessi al contenimento della spesa pubblica per limitare il diritto al pagamento dell’indennità.
La sentenza europea delinea regole stringenti in tema di divieto di monetizzazione delle ferie
La sentenza europea mette duramente in discussione il divieto di monetizzazione delle ferie, previsto nella normativa italiana per i dipendenti pubblici, in una progressiva ottica peraltro di parità di trattamento tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del privato, dopo le recenti sentenze del Tar del Lazio sulla illegittima disparità delle visite fiscali tra pubblico e privato. La sentenza riguarda il caso di un funzionario del Comune di Copertino, in Puglia, che dopo essersi dimesso volontariamente per il prepensionamento, aveva chiesto il riconoscimento del diritto a un’indennità sostitutiva delle ferie annuali non godute.
La legislazione italiana in materia di ferie non godute
Il Comune si era rifiutato, sostenendo che il funzionario fosse consapevole del suo obbligo di prendere i giorni residui di congedo prima delle dimissioni e che non poteva monetizzarli. Il Comune ha richiamato la norma della legislazione italiana, secondo la quale il dipendente pubblico non ha diritto in nessun caso a ricevere un’indennità finanziaria al posto delle ferie non godute, al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Con la loro sentenza, i giudici di Lussemburgo hanno confermato che il diritto europeo entra in conflitto con una normativa nazionale, che vieta di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti nel momento in cui questo ponga volontariamente fine al suo rapporto di lavoro.
Il diritto europeo in rotta con la legislazione nazionale
La Corte di Lussemburgo ha evidenziato che che diritto europeo è contrario ad una norma nazionale che, come quella italiana, vieta di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie non goduti, qualora si dimetta. I giudici sottolineano, inoltre, che il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, compresa l’eventuale monetizzazione, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, come l’esigenza di contenere la spesa pubblica.
Solo nel caso in cui il lavoratore abbia deciso deliberatamente di astenersi dalle ferie, nonostante che il datore di lavoro lo abbia invitato a farlo, informandolo del rischio di perdere quei giorni, il diritto Ue non osta alla perdita del diritto. Se il datore di lavoro, dunque, non è in grado di dimostrare di avere esercitato “tutta la diligenza necessaria” affinché il lavoratore andasse in ferie, si deve ritenere che la mancata corresponsione dell’indennità violi sia la direttiva sull’orario di lavoro che la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
La disciplina del codice civile
L’art. 2109 del codice civile 2109 Codice Civile si legge che il lavoratore, oltre ad avere un giorno di riposo a settimana, ha diritto anche ad un “periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”. Le ferie sono un diritto irrinunciabile, non sono monetizzabili. Esse sono fruite, previa autorizzazione, nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste del dipendente.
Il diritto alle ferie tutela le esigenze psicofisiche del lavoratore
Il diritto alle ferie soddisfa le esigenze psicofisiche fondamentali del lavoratore, consentendo di partecipare più incisivamente nella vita di relazione, familiare e sociale tutelando il suo diritto alla salute. Il regime legale delle ferie si applica a tutti i lavoratori dipendenti, qualunque sia la qualifica, la mansione o il tipo di contratto applicato. Sulla questione dell’indennità per le ferie non godute si è pronunciata anche la Corte di Cassazione. Le ferie costituiscono un diritto irrinunziabile del lavoratore e possono farsi rientrare nella tutela della salute e sicurezza del lavoratore, essendo qualificati alla stregua di diritti assolutamente indisponibili.
La Cassazione segue la linea della Corte di Giustizia dell’UE
Un’importante pronuncia della Corte di Cassazione, emessa con l’ordinanza del 27 novembre 2023 n. 32807, sez. lavoro, ha delineato chiaramente che nessun valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie può essere automaticamente attribuito alle dimissioni del lavoratore. La pronuncia della Cassazione si inserisce in un contesto giuridico che pone al centro la salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di risoluzione del rapporto di lavoro. L’indennità sostitutiva delle ferie rappresenta il compenso economico riconosciuto al dipendente per le ferie maturate e non godute al momento della cessazione del rapporto.
Onere della prova a carico del datore di lavoro
Secondo la Suprema Corte è opportuno interpretare il diritto interno conformemente ai principi sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Approccio in sintonia con la decisione della Cassazione, Sezione L, nella sentenza numero 21780 dell’8 luglio 2022. Secondo quanto enunciato in detta sentenza, la privazione del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva al termine del rapporto di lavoro può avvenire solo a condizione che il datore di lavoro dimostri di aver invitato il dipendente a fruire delle ferie, eventualmente in maniera formale.
In ogni caso, non è possibile associare alle dimissioni volontarie del lavoratore un valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie. Le dimissioni, considerate come un atto volontario, sono equiparate dalla normativa alle altre modalità risolutorie del rapporto di lavoro, e non implicano una rinuncia automatica all’indennità sostitutiva delle ferie.