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Riforma pensioni, Quota 100: Quota 41 resta l’obiettivo del Governo

Alle 17 dell'8 aprile 2019 sono state presentate 114.691 domande per l'accesso a Quota 100. Resta sempre molto alto lo scarto tra le istanze presentate tra uomini e donne.

Autore: Antonella Viviano
11 Aprile 2019
- Categoria: News, Pensioni
Riforma pensioni: Opzione donna, Quota 100 ed esodati, le ultime novità

La riforma delle pensioni giallo-verde ha avuto il suo inizio con l’introduzione di Quota 100, strumento che consente di andare in pensione anticipatamente una volta raggiunti 62 anni d’età e 38 di contribuzione. Tale  dispositivo sarà valido per tre anni, dopodiché il Governo, se ci saranno le condizioni, vorrà introdurre Quota 41, eliminando il vincolo anagrafico per andare in pensione. “Quota 41 è una battaglia che i sindacati portano avanti da anni”, ha chiarito Mauro D’Achille, amministratore del gruppo Lavoro e pensioni: Problemi e soluzioni. “La lotta per Quota 41 ha preso inizio dopo la pubblicazione del DL 857 dell’On. Cesare Damiano, che fu la prima risposta alla prof. Fornero che subito dopo la sua riforma puntualizzò che la sua era una riforma dettata dalla situazione di emergenza di fine 2011 ma che appena possibile sarebbe stato compito della politica attenuarne gli effetti.

“Quel DL 857 non fu mai convertito in legge poiché la Rgs non ritenne che ci fossero coperture sufficienti, ma il Sindacato fece del tutto per utilizzarlo chiedendo con forza Quota 41, oltre ad altri provvedimenti. Soltanto nel 2016 il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Renzi, il prof. Nannicini, di concerto con il ministro Poletti e dopo decine di incontri con i Sindacati, emanò l’Ape social e volontaria nonché la Quota 41, ma relativa soltanto a quattro categorie di lavoratori particolarmente disagiate e con il vincolo di essere anche lavoratori precoci”, ha precisato D’Achille.

Quota 100 non basta 

Fim, Fiom e Uilm hanno indetto uno sciopero di otto ore del settore metalmeccanico per il  prossimo 14 giugno, in continuità con la mobilitazione di Cgil, Cisl, Uil dello scorso 9 febbraio. L’iniziativa sarà preceduta dagli esecutivi nazionali unitari della categoria, che si riuniranno il 2 maggio a Roma, e, successivamente, dalle assemblee nei luoghi di lavoro. Per Fim-Fiom-Uilm “l’orientamento e alcune scelte del governo sui temi relativi al mondo del lavoro, delle imprese industriali e dei giovani rischiano, in una situazione di recessione come quella che si sta profilando, di accentuare una condizione economica, sociale e industriale difficile e dalle prospettive particolarmente critiche”.

L’insoddisfazione delle le sigle metalmeccaniche coinvolge anche la riforma delle pensioni Lega-M5S “Quanto definito con Quota 100 non modifica strutturalmente la legge Monti-Fornero. È infatti una misura temporanea (tre anni) che interviene su un sistema pensionistico che si conferma iniquo e ingiusto e di cui continuiamo a chiedere il cambiamento. In particolare per quanto riguarda la tutela dei lavoratori precoci e dei lavori usuranti. Non tutti i lavori sono uguali. Chi lavora a turni, fa lavori gravosi, faticosi, le donne e i giovani, i lavori di cura e la discontinuità lavorativa e contributiva non trovano risposta nella normativa definitiva Quota 100”, hanno osservato in una nota. Fim-Fiom-Uilm chiedono un sistema previdenziale “più equo, più flessibile e più solidale in cui l’età pensionabile tenga conto del lavoro che realmente si è svolto”.

Le pensioni delle giovani generazioni

Bisogna affrontare il tema delle pensioni dei giovani”, ha dichiarato il vicesegretario nazionale della Cgil Gianna Fracassi, precisando che questo “è un tema serio, perché si accompagna anche al fatto che i dati del mercato del lavoro indicano per i giovani di questo Paese un presente di precarietà e un futuro di povertà”. Secondo l’esponente sindacale i la questione deve diventare “una priorità, che non sarà possibile affrontare quando questi giovani saranno diventati anziani. Va affrontato adesso perché abbraccia un tratto largo di generazioni”. Fracassi ha messo in evidenza anche il problema della qualità del lavoro: “Ha effetti sul versante previdenziale, riguarda i giovani e le donne di questo Paese. Da questo punto di vista, è evidente che intervenire per rimettere al centro un quadro di diritti e tutele sul lavoro è ineludibile”.

L’importanza del riconoscimento del lavoro di cura

L’importanza del riconoscimento del lavoro di cura è stato ribadito da Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social. “Il CODS, infatti, vuol far emergere con convinzione il lavoro occulto svolto dalle donne, ottime sostitute delle carenze del sistema ma che non sono, per questo oneroso impegno, in nessun modo né remunerate né aiutate né valorizzate”.

Per Armiliato:”Il lavoro di cura deve essere tangibilmente riconosciuto perché concorre, sommato al lavoro fuori casa, a mettere ko anche quelle attività cognitive che potrebbero sviluppare ed arricchire le proprie conoscenze in maniera meno superficiale del raccogliere al volo una notizia al radio giornale ascoltato in macchina fra il pensiero di cosa mettere in tavola per cena e la lista della spesa da fare all’uscita del lavoro e prima di arrivare a casa e dover controllare i compiti del proprio figliolo. Potrebbe essere dunque legata al doppio/triplo a volte quadruplo lavoro che le donne si sobbarcano questa carenza di conoscenza?”.

Antonella Viviano

Antonella Viviano

Ha integrato gli studi universitari in matematica con competenze di carattere informatico. Coltiva da sempre la passione per la scrittura e per lettura con preferenze per la narrativa classica, la storia ed i libri gialli. Appassionata di arte, cucina, bricolage ed acquariologia.
Mail: [email protected]

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