Riforma pensioni, Quota 100. Le rassicurazioni di Tridico e le raccomandazioni dell’UE

La riforma delle pensioni con l'introduzione di Quota 100 commentata da Tridico. L'analisi dell'UE del sistema previdenziale italiano.

Riforma pensioni: Quota 100 e pensioni di cittadinanza. Le ultime dichiarazioni di Tridico

Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, è tornato a parlare di pensioni e Quota 100 in relazione alla difficile situazione economica che sta attraversando l’Italia ed al rischio di incorrere nella procedura d’infrazione.  Secondo Tridico la misura per le pensioni anticipate non è a rischio: “La Quota cento è una misura che dura tre anni ed è assolutamente sostenibile per i conti dell’Inps”, ha dichiarato da Trieste. “Da questa misura si ricavano dei risparmi”, ha precisato.

Oggi abbiamo 140mila domande e si può anche intravedere un risparmio rispetto all’iniziale previsto da quel capitolo“, ha aggiunto Tridico. “Naspi, Rdc, Quota 100  sono tutti provvedimenti che cercano di dare risposte in un contesto economico difficile” ed hanno “una funzione di stabilizzazione sociale oltre che economica”, ha puntualizzato il presidente dell’Inps.  “Quando pensiamo ai conti pubblici pensiamo anche che, grazie a quelle misure, l’Inps funge da stabilizzatore automatico della situazione sociale”, ha concluso Tridico.

Le raccomandazioni dell’UE

Il Consiglio della Commissione Europea nella Raccomandazione all’Italia del 5 giugno 2019 ha dichiarato: “A causa della non conformità dell’Italia alla regola del debito nel 2018, il 5 giugno
2019 la Commissione ha pubblicato una relazione preparata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, TFUE. Sulla base dell’esame di tutti i fattori significativi, la relazione conclude che il criterio del debito definito nel trattato e nel regolamento (CE) n. 1467/1997 debba considerarsi come non rispettato e che, pertanto, una procedura per i disavanzi eccessivi basata sul debito sia giustificata”

Nel complesso, il Consiglio è del parere che a partire dal 2019 l’Italia debba adottare i necessari provvedimenti per conformarsi alle disposizioni del patto di stabilità e crescita. L’impiego di eventuali entrate straordinarie per ridurre ulteriormente il rapporto debito pubblico/PIL rappresenterebbe una risposta importante.

Pensioni e finanza pubblica nella Raccomandazione dell’UE

Nel documento stilato dalla Commissione Europea viene messo in evidenza che “la spesa dell’Italia per le pensioni di vecchiaia, pari a circa il 15 % del PIL nel 2017, è tra le più elevate dell’Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell’indice di dipendenza degli anziani”

A proposito della riforma delle pensioni 2019, si legge nel rapporto: “Il bilancio 2019 e il decreto legge di attuazione del nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 tornano indietro su elementi delle precedenti riforme delle pensioni, aggravando la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche. Queste nuove norme aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica a medio periodo.

Tra il 2019 e il 2021 il nuovo regime di pensionamento anticipato (“quota 100”) consentirà alle
persone che hanno versato 38 anni di contributi di andare in pensione a 62 anni. È stato inoltre esteso l’ambito di applicazione delle disposizioni vigenti in materia di pensionamento anticipato, in particolare sospendendo fino al 2026 l’indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo, introdotta dalle precedenti riforme pensionistiche.

Per queste misure il bilancio 2019 ha stanziato lo 0,2 % del PIL nel 2019 e lo 0,5 % del PIL nel 2020 e nel 2021, ma si prevedono costi aggiuntivi anche per gli anni successivi. L’elevata spesa pubblica per le pensioni di vecchiaia comprime altri elementi della spesa sociale e di spesa pubblica a favore della crescita, come l’istruzione e gli investimenti, e riduce i margini per  diminuire la pressione fiscale complessivamente elevata e il consistente debito pubblico”.

“Inoltre”, prosegue il documento, “l’ampliamento della possibilità di pensionamento anticipato potrebbe ripercuotersi negativamente sull’offerta di lavoro, in un contesto in cui l’Italia è al di sotto della media dell’UE per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori anziani (55-64 anni)
all’occupazione, il che ostacolerebbe la crescita potenziale e aggraverebbe la sostenibilità del debito pubblico”.

“Al fine di limitare l’aumento della spesa per le pensioni, dovrebbero essere pienamente attuate le già previste riforme pensionistiche  volte a ridurre le passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione. Si potrebbero inoltre conseguire risparmi intervenendo su pensioni di importo elevato che non corrispondono ai contributi versati, nel rispetto dei principi di equità e di proporzionalità”, conclude la Commissione Europea.

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