Riforma pensioni Quota 100, Ape sociale ed esodati. Le novità attese dagli emendamenti

Le ultime novità sulla riforma delle pensioni. Le dichiarazioni d Damiano e le precisazioni del Comitato "Esodati, Licenziati e Cessati". Il parere di Cazzola.

Pensioni 2018: età pensionabile e flessibilità in uscita

Il testo del decreto 28 gennaio, n. 4  approderà in Aula al Senato il 19 febbraio 2019  proseguendo il suo iter di conversione in legge. Il termine per la presentazione degli emendamenti è martedì 12 febbraio alle 9.“Mi auguro che nella pioggia di emendamenti prevista per il ‘Decretone’, ci sia anche una norma per salvare gli esodati, circa 6.000, rimasti ancora intrappolati dalla legge Fornero”, ha affermato Cesare Damiano, dirigente del Partito Democratico.

“Nella scorsa legislatura  i componenti Pd della Commissione Lavoro della Camera si sono battuti per conquistare otto salvaguardie per gli esodati, che hanno mandato in pensione oltre 150.000 lavoratori, anche con il contributo dei gruppi di opposizione. Mi auguro che la battaglia continui con la nona salvaguardia o con misure di equivalente efficacia che risolvano definitivamente il problema. Il ‘Decretone’ è l’occasione buona”, ha precisato l’esponente dem.

Modifiche all’Ape sociale

Per Damiano:“Il primo emendamento da fare è correggere l’attuale norma dell’Ape sociale che consente ai disoccupati che abbiano 63 anni di poter accedere alla pensione con soli 30 anni di contributi. A condizione, però, che abbiano terminato l’utilizzo degli ammortizzatori sociali: questo vincolo va cancellato. Bisogna considerare che di circa 80.000 domande per l’Ape sociale, oltre il 75% riguarda persone disoccupate. Inoltre, rendere strutturale l’Ape aiuterebbe a risolvere il problema”. “Si tratta di una questione di giustizia: se si concentra tutto su Quota 100 si privilegiano solo i lavoratori che hanno alle spalle lunghe e stabili carriere: 38 anni di contributi, infatti, non sono alla portata di tutti”, ha  sottolineato Damiano, concludendo: “In questo modo si discriminano le donne, i giovani che svolgono lavori precari, le attività discontinue di stagionalità e di cantiere e i disoccupati”.

Le precisazioni del Comitato “Esodati Licenziati e Cessati”

Tra gli emendamenti al cosiddetto “Decretone”, contenente altri interventi sulle pensioni oltre a Quota 100, potrebbe trovarsi la soluzione alla questione, ancora irrisolta, degli esodati non salvaguardati. Il Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” ha precisato in un comunicato che per i 6.000 esodati rimasti esclusi dalle salvaguardie pensionistiche già varate non saranno ritenute accettabili soluzioni di carattere assistenzialistico. “I 6.000 Esodati Esclusi dalla Ottava Salvaguardia NON CHIEDONO ASSISTENZIALISMO (tra l’altro numerosi di loro non potranno neanche accedere alle misure ipotizzate!) MA HANNO DIRITTO AD UNA SOLUZIONE PREVIDENZIALE”, ha sottolineato il Comitato “Esodati Licenziati e Cessati”.

Il Comitato, nel respingere “con fermezza ogni e qualsiasi paventata ‘soluzione’ NON PREVIDENZIALE”, ha precisato:”I 6.000 Esodati chiedono al Governo UNA NONA SALVAGUARDIA che: includa tutti coloro finora esclusi da precedenti salvaguardie per “vizio di data” di decorrenza pensione o di requisito; conceda uguali diritti indipendentemente dalla categoria esodati di appartenenza; comprenda tutti ed esclusivamente coloro che siano in possesso degli specifici requisiti che connotano la condizione di esodato così come riconosciuto dalle 8 Leggi precedenti;  in cui sia applicato, a TUTTI i 6.000 interessati, il regime dei requisiti vigente prima dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 201 del 6 dicembre 2011, modificato dalla Legge n. 214 del 22 dicembre 2011, come nelle precedenti salvaguardie.

Il Comitato “Esodati, Licenziati e Cessati”, ha osservato: “Dai vari incontri con delegazioni di Esodati, non ultimo quello del 10 gennaio scorso, e da diverse dichiarazioni del Sottosegretario Durigon e dall’articolo de Il Sole 24 Ore dell’8 febbraio, emerge chiara la volontà politica di questo Governo di non mantenere le promesse formalmente fatte dal Ministro del Lavoro di risolvere l’annoso dramma degli Esodati; non approvare una Nona Salvaguardia (prevista al Capitolo 5, punto 9 del programma elettorale della Lega);  disconoscere la platea dei 6.000 esclusi adducendo la circostanza che l’INPS non certifica tale platea quantificata in meno di 100 interessati, individuati non si sa bene con quali criteri, quando al Sottosegretario Cassano (del precedente Governo) la stessa INPS ne certificava oltre 3.000; riconoscere la figura di Esodato esclusivamente a coloro che avevano firmato accordi sindacali per concordarne la fuoriuscita dal posto di lavoro”.

“Non si capisce francamente tale posizione e da quale assunto giuridico derivi, stante la circostanza che ben 8 LEGGI DELLO STATO APPROVATE DAL PARLAMENTO, E SPESSO COL VOTO FAVOREVOLE DELL’ATTUALE MAGGIORANZA, prevedano ben 5 categorie di esodati espulsi dal posto di lavoro, antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di riforma Monti-Fornero, con e senza accordi. Si vorrebbe trovare una adeguata soluzione previdenziale solo ed esclusivamente per quel centinaio di privilegiati lasciando a tutti gli altri un’altra soluzione (non previdenziale) non ben definita né nei numeri né nella forma, ma di natura assistenziale e onerosa per i medesimi“, ha aggiunto il Comitato.

Risorse per la nona salvaguardia

“Nell’Ottava Salvaguardia erano incluse gravi discriminazioni nell’assegnazione della deroga penalizzando gravemente tutte le categorie di Esodati senza accordi sindacali. Discriminazione inconcepibile ed inaccettabile che si vorrebbe perpetuare con questa ipotesi di soluzione dell’attuale Governo!!!
E’ il caso di sottolineare che le riforme pensionistiche negli altri Paesi UE hanno previsto un periodo di transizione medio di 10 anni. Sostanzialmente si sono considerate (e si vorrebbe perseverare nel grave errore!!!) platee di Esodati di serie A e di serie B non considerando che sono TUTTI lavoratori gravemente penalizzati dalla riforma e TUTTI lavoratori espulsi dal mondo del lavoro PRIMA dell’entrata in vigore della infame riforma e TUTTI ad un passo dalla pensione e TUTTI senza alcuna possibilità di ricollocamento per evidenti motivi anagrafici.

Le risorse finanziarie per salvaguardare anche gli ultimi 6.000 Esodati CI SONO! Infatti i soli risparmi dell’ottava salvaguardia, riversati al Fondo per l’Occupazione Sociale e Formazione (FOSF) con la precedente legge di stabilità, ammontavano a circa 776.6 Mln, ben sufficienti a garantire, in misura pressoché doppia, al fabbisogno economico della Nona Salvaguardia valutato in 339.9 Mln”, ha precisato il Comitato “Esodati, Licenziati e Cessati”.

Quota 100: l’analisi di Giuliano Cazzola

La riforma delle pensioni giallo-verde continua a destare perplessità per l’impatto sui conti pubblici nel medio e lungo periodo. L’economista ed esperto di previdenza Giuliano Cazzola, nel corso dell’audizione in Commissione Lavoro al Senato ha dichiarato: “Quota 100 e le altre misure danno l’idea di un’immotivata, onerosa ed incomprensibile ‘’messa in saldo’’ delle generazioni del baby boom. Oltreché di una ‘’retromarcia’’ rispetto alle politiche adottate negli ultimi decenni fino ai nostri giorni”.

“Il decreto legge n.4 del 2019 ora all’esame del Senato mette a soqquadro tutti gli sforzi – spesso inadeguati e contradditori – fino ad ora compiuti, per tenere sotto controllo la spesa pensionistica. E lo fa per motivi del tutto discutibili”, ha affermato Cazzola.

Secondo l’economista: “Tali modifiche, questi innesti impropri in una pianta già debilitata, determineranno degli effetti perniciosi sul versante della maggiore spesa a fronte di un quadro di maggiori entrate invero modesto (la fonte più importante è data dai tagli di solidarietà sui trattamenti più elevati e sulla rivalutazione automatica delle pensioni)”.

“La Relazione tecnica fornisce dei dati inquietanti. Innanzi tutto sul maggior numero di pensioni. Solo per l’effetto di ‘’quota 100’’ e delle altre misure di corollario è previsto, nel triennio della sperimentazione, un maggior numero di 973mila trattamenti, per un costo di poco superiore a 20 miliardi che salgono a 22 miliardi con l’applicazione delle altre modifiche sancite nel decreto. Saranno pensioni in larga maggioranza – soprattutto nei settori privati – percepite dai lavoratori (maschi) residenti al Nord, come è sempre è avvenuto per il  riconoscimento del trattamento anticipato, mentre le donne continueranno – per la loro collocazione nel mercato del lavoro che generalmente non consente di accumulare significative anzianità di servizio – ad attendere l’accesso alla pensione secondo i requisiti previsti per la vecchiaia (in pratica a 67 anni di età più l’aggiornamento periodico all’attesa di vita)”, ha chiarito l’esperto di previdenza.

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