Riforma pensioni e sostenibilità del sistema previdenziale: la replica dei sindacati al dossier Ocse

Riforma delle pensioni e sostenibilità del sistema previdenziale: le conclusioni dell'Ocse e la replica di Ghiselli, Ganga e Proietti.

Riforma pensioni: Opzione donna, Quota 100 ed esodati, le ultime novità

Il  rapporto dell’Ocse “Pensions at a Glance 2019” analizza le misure di carattere previdenziale adottate nei paesi dell’Ocse tra settembre 2017 e settembre 2019. Il documento precisa che nel 1980 nell’area Ocse si contavano 2 persone di età superiore a 65 anni su 10 persone in età lavorativa e che nel 2020 tale valore dovrebbe aumentare fino a raggiungere un  rapporto lievemente superiore a 3 persone su 10, di 6 persone su 10 entro il 2060. “In numerosi paesi entro il 2060 la popolazione in età lavorativa calcolata secondo le soglie di età fissa dovrebbe diminuire di più di un terzo”, chiarisce il rapporto.

L’Ocse evidenzia che da settembre 2017 nei vari paesi dell’area in esame sono state introdotte misure che hanno costituito un “indietreggiamento” rispetto a quanto stabilito in precedenza. Per quanto riguarda l’Italia si è assistito ad un aumento del minimo pensionistico e delle reti di sicurezza sociale per le persone anziane, oltre ad un ampliamento delle possibilità di pensione anticipata, con interventi per limitare l’innalzamento dei requisiti anagrafici annunciati in precedenza.

Riforma delle pensioni ed età pensionabile: l’allarme dell’Ocse

“Sebbene le pressioni finanziaria siano state inasprite dalla crisi, spesso sono state anche il riflesso di debolezze strutturali. Indietreggiare sulle riforme che rispondono ad esigenze di lungo termine potrebbe indebolire la resilienza dei sistemi pensionistici agli shock economici futuri e farli trovare impreparati per affrontare l’invecchiamento demografico”, avverte l’Ocse

“Sulla base delle attuali misure di legge, poco più della metà dei paesi dell’Ocse sta aumentando l’età pensionabile dall’età media attuale di 63,8 anni a 65, 9 anni. Ciò rappresenta solo la metà dell’aumento atteso della speranza di vita a 65 anni nello stesso periodo e significa che questi cambiamenti non saranno sufficienti per consolidare l’equilibrio tra la vita lavorativa ed il pensionamento”, è la conclusione a cui giunge l’Organizzazione.

Ghiselli: “Il quadro è ben peggiore rispetto a quello descritto dall’Ocse”

“Anche l’Ocse riconosce che le attuali norme di accesso alla pensione in Italia sono fra le più restrittive al mondo: si può andare in pensione di vecchiaia solo a 67 anni, rispetto ad una media internazionale di 64,2, e i più giovani, con la crescita della speranza di vita, potranno andarci a 71 anni di età”, ha dichiarato in una nota il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.

“In realtà, il quadro è ben peggiore rispetto a quello descritto dall’Ocse. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 se non riuscirà a maturare una pensione superiore a 690 euro, e sono tantissimi i casi e lo saranno sempre di più in futuro, è costretto, già oggi, ad aspettare i 71 anni, per i giovani quella soglia si sposterà oltre i 73”, ha precisato il leader sindacale.

Ghiselli ha proseguito: “L’Ocse sollecita inoltre misure a favore delle persone che svolgono lavori poveri o discontinui, che sono soprattutto giovani e donne, una richiesta che da anni abbiamo avanzato ai vari governi”. A proposito delle pensioni Quota 100, il dirigente sindacale ha precisato: “Quota 100 è una misura a termine, del tutto inadeguata a rispondere alle esigenze complessive, e seppur poche le persone interessate, non è giusto eliminarla, anche perché  il costo reale di tale misura, secondo le nostre stime, sarà di circa 7mld inferiore a quanto preventivato”.

“Oggi c’è qualcuno che contesta la pensione con Quota 100, ma la Cisl dice che deve essere confermata fino al 2021 perché non ha senso cambiare continuamente le regole della pensione poiché ciò crea una forte incertezza e l’incertezza si paga e tanto, dal punto di vista economico e macro economico. E noi, come Paese, abbiamo bisogno di dare fiducia all’economia e di conseguenza al mercato del lavoro e questo a maggior ragione per dare stabilità al sistema previdenziale”, ha puntualizzato in un comunicato il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga.

“L’età di accesso alla pensione in Italia è di 67 anni, ben quattro anni sopra alla media dei Paesi dell’Europa. Quota 100, assieme all’Ape Sociale, rappresenta, in via sperimentale, un elemento di flessibilità. Flessibilità che va estesa, in maniera più equa a tutti i lavoratori“, ha dichiarato in una nota Domenico Proietti, segretario confederale della Uil. “Nel nostro Paese esiste il tema dell’adeguatezza degli assegni pensionistici, che va affrontata, eliminando il blocco della rivalutazione delle pensioni estendendo la quattordicesima per le pensioni fino a 1500 euro“, ha osservato il leader sindacale.

“La spesa previdenziale è sotto controllo”

In merito alle dichiarazioni dell’Ocse sulla spesa previdenziale, per Ghiselli: “Quanto calcolato dall’Ocse (16% del Pil) contiene anche alcune spese di natura assistenziale, parte del Tfr, e le imposte che per lo Stato non sono altro che una partita di giro. L’incidenza della spesa pensionistica effettiva, calcolata dall’Inps, è invece del 12%. La spesa previdenziale è sotto controllo, anche in prospettiva, e vi sono margini per una riforma che renda più sostenibile socialmente il sistema, e che guardi soprattutto a donne, giovani, precoci, lavori più faticosi, esodati”.

“Anche quest’anno l’Ocse bacchetta l’Italia sulle pensioni ed ancora una volta dobbiamo dire all’Ocse che è sbagliato ragionare sempre e solo in termini di sostenibilità finanziaria delle pensioni ma bisogna invece ragionare di sostenibilità sociale“, ha sottolineato Ganga, per il quale: “La sostenibilità sociale della previdenza nel nostro Paese a partire dal 2011 è stata dimenticata ed è necessario ripartire proprio da questo punto per riprendere un confronto sulle pensioni che cerchi di portare un po’ di equità sul tema anche tra le generazioni”.

“L’Ocse continua a fare confusione nell’analizzare il sistema previdenziale italiano. La spesa per pensioni in Italia è sotto la media europea. In rapporto al Pil, come sostiene da tempo la UIL, essa è intorno al 12%, dato confermato recentemente anche dal Presidente dell’Inps. Questa confusione è in parte figlia della mancata separazione tra la spesa previdenziale e quella assistenziale, la cui responsabilità è dei Governi che si sono succeduti in questi anni”, ha chiarito Proietti.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright MyMagazine.news

Informazioni sull'autore