Alle ore 17 del 27 marzo 2019 sono state inoltrate 104.390 domande per l’accesso a Quota 100, di cui 27.882 presentate da donne e 76.508 da uomini. Il divario tra le due quantità esprime in maniera evidente quello che da tempo viene osservato sul nuovo dispositivo per le pensioni anticipate, ossia che il requisito contributivo minimo richiesto, 38 anni di versamenti, è un traguardo irraggiungibile per tante donne.
Il carattere transitorio di Quota 100 ed i vincoli dovuti alle risorse a disposizione rendono il nuovo dispositivo ben lontano dall’essere l’annunciato superamento della Legge Fornero, come osservato da Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social. “Chiunque sottoscriva che la Monti-Fornero é stata smontata, superata o come continuiamo a leggere cancellata, racconta una colossale bugia; una in più nel monte di bugie che siamo veramente stanchi di ascoltare e che offendono la nostra capacità di comprensione, la nostra competenza sulla materia nonché la nostra puntuale conoscenza della lingua italiana”, ha precisato in un post.
Quota 100 prosegue nella direzione della flessibilità in uscita
“Si accettano come veritiere quindi, solo le considerazioni che sottolineano come, con questi provvedimenti, si sia continuato ad allargare la breccia nella Monti-Fornero, breccia già aperta nella scorsa legislatura, creando ulteriori misure nella direzione di una auspicata PERMANENTE flessibilità in uscita“, ha proseguito Armiliato.
“Ricordo però che il diritto a pensione, leggi diritto soggettivo, è garantito dalla nostra costituzione (art. 38 secondo comma) e che le nuove misure, oltre ad essere ‘a tempo’, sono garantite nel limite delle risorse disponibili allocate, per altro, come nel caso di Quota 100 che include Opzione Donna, con il sistema dei vasi comunicanti”, ha puntualizzato l’amministratrice del CODS.
Quota 100 ed il turnover
Secondo un’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, per effetto di Quota 100 nel 2019 un giovane su tre pensionati farà ingresso nel mondo del lavoro (circa 116 mila ragazzi under 30) in virtù di 314 mila richiedenti accesso al prepensionamento. Ipotizzando tassi differenziati per fondo previdenziale, infatti, si stima una percentuale di turnover pari al 37%.
Come riportato dalle stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, accederanno a Quota 100 circa 63 mila autonomi (20%), 94 mila dipendenti della pubblica amministrazione (30%) e 157 mila lavoratori del settore privato (50%). I tre comparti occupazionali hanno però capacità di riorganizzazione molto differenti fra di loro. Nel settore privato, ad esempio, la pianificazione delle risorse tiene conto della quota di persone che usciranno per pensionamento. Tuttavia lo scenario che abbiamo di fronte è di un massiccio anticipo di uscite. Ciò comporterà un rapido aggiornamento del piano di assunzioni pianificate dalle aziende private e potrebbe, paradossalmente, comportare difficoltà di copertura delle posizioni lavorative perse nel 2019. Si stima che ogni 100 dipendenti del settore privato che aderiranno a Quota 100, il 30% uscirà dal settore manifatturiero, l’11% dal commercio e l’8% dal settore dei trasporti e magazzinaggio.
Non è così automatico, invece, nel settore pubblico. Anche se qui il massiccio esodo dei lavoratori over 60 potrebbe creare inizialmente qualche difficoltà ai servizi essenziali come sanità e istruzione. Più semplice la dinamica nel lavoro autonomo, dove i più ridotti volumi produttivi riflettono l’andamento del ciclo economico. Basandosi su tali dati tratti dall’udienza informale dell’Ufficio parlamentare di bilancio del 5 marzo scorso, la Fondazione Studi ha prodotto alcune stime sul tasso di sostituzione di quei lavoratori che quest’anno raggiungono i requisiti necessari per andare in pensione anticipatamente. Quasi due prepensionamenti su tre interesseranno aziende del nord Italia (36,6% nord-est e 26,5% nord-ovest), ai quali si aggiungerà un 20,6% di prepensionamenti nelle regioni del centro Italia.
Quota 100 e gli esodati non salvaguardati
“Quota 100, a maggior ragione se venisse addomesticata per coinvolgere anche chi non può raggiungere i previsti requisiti, è una misura demagogica, insostenibile ed incerta, della cui durata (triennale) non ci sono garanzie. L’unica garanzia offerta da questa insana legge è che peggiorerà i conti INPS e, di riflesso, quelli del Paese intero. Spero di sbagliare ma, in questo scellerato provvedimento, intravvedo i prodromi di un pretesto per una nuova stretta alle pensioni, al pari di quella causata dallo strumentale incorporamento dell’INPDAP nell’AGO”, ha dichiarato Luigi Metassi, amministratore del Comitato “Esodati Licenziati e Cessati”, in un post.
Il Comitato “Esodati Licenziati e Cessati” si dichiara d’accordo ad un utilizzo degli strumenti previdenziali attualmente disponibili per le pensioni anticipate, quali Ape social, Quota 100 ed Opzione Donna per risolvere la crisi degli esodati non salvaguardati i cui requisiti si collocano oltre la data del 31/12/2021, pur rilevando che tale soluzione richiederebbe degli adattamenti per superare l’ostacolo delle carenze contributive ed anagrafiche. Viceversa ritiene che gli esodati che raggiungono i requisiti entro il 31/12/2021 abbiano diritto ad un equo transitorio al pari dei mobilitati con accordo governativo, ai quali l’Ottava salvaguardia, derogando il termine mobilità di 36 mesi, ha di fatto concesso nei loro confronti un transitorio sui requisiti di dieci anni, fino al 31/12/2021.