Riforma dell’abuso d’ufficio dopo il voto europeo, le varie posizioni

Prosegue il dibattitto sull'abrogazione del reati d'abuso d'ufficio tra posizioni conservatrici e esigenze di semplificazione dell'azione dei funzionari pubblici.

Riforma dell'abuso d'ufficio dopo il voto europeo, le varie posizioni

Rinviato il voto sulla riforma dell’abuso d’ufficio, che slitta e non sarà approvata alla Camera prima del voto europeo. In questi mesi tante sono state le posizioni favorevoli e contrarie a tale riforma. Ad esempio l’associazione nazionale magistrati ha accolto con diffidenza e scetticismo l’abolizione dell’abuso d’ufficio e la stretta allo strumento delle intercettazioni.

La decisa contrarietà di Anm all’abrogazione dell’abuso d’ufficio

La cancellazione dell’abuso d’ufficio, secondo l’Anm, rischia di rendere priva di sanzione la violazione degli obblighi di astensione, la dolosa alterazione di concorsi pubblici, l’assegnazione di appalti, lavori o servizi pubblici, in assenza di procedure di evidenza pubblica: una fascia di impunità che non appare in linea con le esigenze, manifestate dal Guardasigilli nella sua relazione alle Camere, di serio ed effettivo contrasto ai fenomeni corruttivi. Secondo l’associazione, cancellare la fattispecie che punisce gli abusi dei pubblici poteri non servirà nemmeno a proteggere i sindaci dalla cosiddetta “paura della firma“: gli unici rimedi sono la semplificazione delle norme che ispirano e disciplinano l’azione amministrative di quelle “sulle competenze e il rafforzamento dei controlli interni“. Secondo il presidente Giuseppe Santalucia oggi si punisce il pubblico ufficiale che viola intenzionalmente una norma di legge per procurarsi ingiusto vantaggio o recare ingiusto danno a terzi, una previsione che “non può rappresentare alcun pericolo di invadenza per la pubblica amministrazione”.

La ratio legis del reato di abuso d’ufficio

La norma che prevede il reato di abuso d’ufficio. ex art. 323 del Codice Penale è diretta a tutelare il buon andamento della P.A., cui si accompagna l’esigenza di tutelare il privato dalle prevaricazioni dell’autorità. L’abuso d’ufficio rappresenta un’ipotesi di reato plurioffensivo: il bene giuridico tutelato è da una parte il buon andamento della P.A., e dell’altro il patrimonio del terzo danneggiato dall’abuso del funzionario pubblico. Esso è un reato proprio, commesso da un pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio nello svolgimento delle funzioni o del servizio.

Costituisce altresì un reato di evento, il cui disvalore penale si realizza al momento della effettiva produzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale o di un danno ingiusto ad altri. Per quanto riguarda l’ingiusto vantaggio, esso può essere soltanto patrimoniale. Il legislatore ha individuato in cosa debba consistere l’abusività della condotta, ossia violazione di norme di legge o di regolamento e violazione dell’obbligo di astensione, qualora vi sa un obbligo giuridico di astensione in presenza di una situazione di conflitto di interessi.

Le motivazioni alla base della proposta di abrogazione del reato

Con il voto degli emendamenti all’art. 1 del ddl Nordio in Senato è arrivato il via libera all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, anche se l’approvazione in Europa della proposta di direttiva del 3 maggio 2023 in tema di lotta alla corruzione, potrebbe cambiare lo scenario. La norma ha già subito un restringimento dell’ambito della condotta punita. Se nella precedente formulazione bastava la violazione di un regolamento, attualmente è necessaria la violazione di una regola di condotta prevista dalla legge o da un atto avente forza di legge, e che non lasci spazi di discrezionalità. La restrizione dell’ambito della fattispecie ha determinato una parziale abolitio criminis. Nel dibattito politico si è continuato a sostenere la necessità della totale abrogazione del reato, come unica possibilità per correggere il fenomeno c.d. della amministrazione difensiva da parte dei funzionari, inteso come atteggiamento caratterizzato da una cautela eccessiva fino alla paralisi decisionale, per il rischio di incorrere nell’apertura di un’indagine penale.

La posizione di Giuseppe Busìa di restringere la fattispecie senza abrogarla

L’abolizione totale del reato ha sollevato molte preoccupazioni. La strada più prudente da percorrere, sarebbe stata quella prospettata dal Presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, Giuseppe Busìa, che aveva suggerito al Governo un ulteriore restringimento della fattispecie senza cancellarla, per evitare di creare un vuoto normativo che porrà la nostra legislazione in contrasto con gli obblighi internazionali e con la direttiva UE.

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