Pensioni anticipate: Quota 100 e lavoratori precoci. I dubbi su Opzione donna

Gli ultimi aggiornamenti sulla conversione in legge del decreto contenente Quota 100 ed altri interventi sulle pensioni. L'intervento di Serracchiani e le precisazioni di Armiliato su Opzione donna.

Pensioni anticipate 2018: le ultime novità dall'Inps

Continua anche oggi, 19 marzo 2019, la discussione In Aula alla Camera sulle linee generali del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, approvato dal Senato. Nel corso del suo intervento la relatrice di minoranza della Commissione lavoro, Debora Serrachiani del Pd, ha sottolineato l’assenza nel cosiddetto “Decretone” di misure adeguate a garantire la flessibilità in uscita per i lavoratori precoci e per i lavoratori che svolgono attività gravosi o usuranti.

“Non è forse importante la flessibilità in uscita e il pensionamento anticipato di categorie di lavoratori? Ebbene sì. Quali lavoratori, però? Su chi deve ricadere la scelta? Noi diremmo sui lavoratori precoci, sui lavoratori gravosi, sugli usuranti, cioè su quelle attività lavorative per le quali inizi a lavorare da molto, molto giovane, 14, 15, 16 anni, oppure fai lavori particolarmente gravosi nell’attività fisica oppure fai lavori che sono particolarmente usuranti anche per il tipo di attività e per come viene svolta”, ha osservato in Aula.

La legge Fornero è pienamente in vigore

A proposito di Quota 100, nuovo dispositivo  per le pensioni anticipate, Serracchiani ha dichiarato: “Basta avere 38 anni di contributi e 62 anni di età e si va in pensione prima, ovviamente trascurando il fatto che ci sono tanti, ma tanti lavoratori italiani che hanno più anzianità contributiva o più anzianità anagrafica ma che, ciò nonostante, non potranno andare in pensione, non potranno andare in pensione perché non rientrano in quella cosiddetta “Quota 100”.

“Senza contare che si tratta di una misura cosiddetta “sperimentale”. Infatti, non si è mai vista una riforma delle pensioni che dura soltanto tre anni ma, soprattutto, quello che emerge dall’esame del “decretone” è che non si è affatto abolita la “Fornero”, che è pienamente in vigore, tant’è che per tutti quei lavoratori che non hanno 62 anni di età e 38 anni di contributi si applica pienamente, dal 1° gennaio 2019, l’allungamento dell’aspettativa della vita sia per le donne sia per gli uomini”, ha precisato Serracchiani.

La platea di Quota 100

 Una delle più grandi iniquità della riforma delle pensioni giallo-verde per il deputato del Pd è quella di rivolgersi “soltanto a una categoria specifica di lavoratori e li si qualifica anche da un punto di vista di criteri: si tratta di uomini per lo più del nord e per lo più del pubblico impiego”. “Perché solo questi possono permettersi una continuità contributiva di 38 anni, solo questi sono quelli che potranno anticipare il loro pensionamento così come prevede “Quota 100”, ha precisato.

Tra l’altro, stiamo mandando in pensione probabilmente quelli che hanno pensioni medio-alte, contrariamente a tutti gli annunci fatti dalla maggioranza, perché solo loro potranno permettersi di vedersi ridotta la pensione perché ovviamente riducendo l’anzianità contributiva e riducendo l’anzianità anagrafica è chiaro che si va in pensione con una pensione ridotta”, ha aggiunto l’esponente dem.

“Ma chi pagherà questa “quota 100”? La pagano tutti gli altri pensionati che prendono pensioni da 1.500 euro lorde in su e ai quali dal 1° gennaio 2019, nonostante quello che il precedente Governo aveva previsto e, cioè, l’entrata in vigore piena, come richiesto anche da tutti i sindacati nelle loro piattaforma unitaria, della indicizzazione delle pensioni questa indicizzazione è nuovamente bloccata. Quindi, quei pensionati continuano a pagare le pensioni di chi andrà in pensione con “quota 100” e – ripeto – non sono pensionati certamente che prendono pensioni alte, visto che stiamo parlando di 1.500 euro lordi, quindi poco più di 1.200 euro netti al mese“, ha puntualizzato Serracchiani.

Occorre chiarezza su Opzione donna

Le affermazioni di Davide Tripiedi, deputato del M5S e vice Presidente della Commissione lavoro alla Camera circa le pensioni anticipate in regime di Opzione donna, hanno ingenerato speranza nelle lavoratrici che desiderano accedere alla misura. Secondo Tripiedi: “Tutte le lavoratrici dipendenti con 58 anni di età e tutte le lavoratrici autonome con 59 anni di età e 35 di contributi, potranno andare in pensione. L’introduzione di questa modifica normativa rappresenta un grande successo ottenuto da questo Governo! Nelle precedenti legislature, infatti, opzione donna era vincolata all’anno di nascita, cosa che aveva creato infinite disparità. Ora questo ostacolo è stato superato!”.

“Tutto ciò che ha scritto Tripiedi fa parte di un libro-fantasy (che ha letto solo lui però..) e le donne che stanno leggendo le sue dichiarazioni, pensano sul serio di rientrare nella misura dell’Opzione Donna, in quanto senza più vincoli anagrafici”, ha dichiarato a MyMagazine Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social. “Ci rendiamo conto di come questo signore con la sua leggerezza nel rendere pubbliche assurde ed inesistenti interpretazioni della norma (per altro chiarissima…) sta giocando con la vita della gente che per semplicità e magari poca dimestichezza con norme e provvedimenti, iter e burocrazia varia si fida, come sarebbe normale e logico poter fare, di chi ricopre ruoli di rilievo come la Vicepresidenza di una delicata Commissione come è quella della Camera, all’interno del parlamento?”, ha sottolineato Armiliato.

“Bisogna avere #rispettoinnanzitutto per le persone che attendono soluzioni dopo una vita di lavoro…e nella fattispecie, qui deficita e non poco! In ogni caso, che il Vicepresidente risponda ai mille commenti degli utenti che perplessi hanno affollato,il suo post: le Donne hanno il diritto di ricevere un riscontro serio e dettagliato”, ha puntualizzato l’amministratrice del CODS.

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