Pensioni anticipate, Opzione donna: il disaccordo tra Inps ed Inca sul requisito contributivo

La denuncia dell'Inca sul mancato arrotondamento dell'anzianità contributiva per le pensioni anticipate in regime di Opzione donna. L'analisi di Armiliato.

Pensioni anticipate: proroga di Opzione donna nella prossima legge di bilancio e poi misura strutturale?

L’articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso la possibilità di ricorrere alle pensioni anticipate in regime di Opzione donna alle lavoratrici che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo al contempo che a tale trattamento si applichino le decorrenze (cd. finestre) pari, rispettivamente, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome.

I contributi necessari per l’accesso ad Opzione donna sono motivo di disaccordo tra l’Inps e l’Inca Cgil. L’Inps ritiene che “in virtù del tenore letterale della norma, che prevede per tale pensione “anticipata” una contribuzione non inferiore a 35 anni, si precisa che in questi casi non trova applicazione, per le iscritte alla gestione esclusiva dell’AGO, la disposizione di cui all’art. 59, comma 1, lettera b) della legge n. 449 del 1997 in materia di arrotondamenti dell’anzianità contributiva; conseguentemente si conferma che il predetto requisito deve essere pienamente raggiunto”. Conseguentemente, come segnalato del patronato della Cgil, l’Inps non applica più l’arrotondamento dell’anzianità contributiva ai 34 anni, 11 mesi e 16 giorni alle lavoratrici, iscritte alle gestioni esclusive dell’AGO, che intendono accedere alla pensione in regime di Opzione donna.

Opzione donna nella scheda Inps

Nella scheda dedicata alle pensioni anticipate con Opzione donna, l’Inps precisa: “Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti, ove richiesto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.

L’analisi di Orietta Armiliato del CODS

Sul tema dei contributi necessari per l’accesso ad Opzione donna è intervenuta Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social. Armiliato ha affermato: “Spieghiamo meglio che cosa INPS ha decretato in questi giorni ma, non dimentichiamo, che il suo “datore di lavoro” è il Ministero del Lavoro e che pertanto le interpretazioni e le successive circolari che vengono diffuse dall’istituto, sono obbligatoriamente condivise e concertate.

Oggi, tramite una denuncia dell’Inca Cgil, siamo venuti a conoscenza del fatto che si stia contravvenendo (e non è la prima volta…) ad un dettato di legge rispetto al riconoscimento del requisito contributivo pari a 34 anni 11 mesi e 16 giorni che ha avuto vigenza fino all’emanazione del DL 26/2019 anche ed ovviamente per l’Opzione Donna e che vige indistintamente per tutti i provvedimenti in essere.

Vediamone insieme il dettaglio che ci dice che con l’art. 3 D.L. 274/1991, viene fissato il principio per cui “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione di mese non superiore a 15 giorni e computando per mese intero quella superiore.
Segue la circolare INPS nr. 14 del 16 marzo 1998 (punto 6) la quale dispone che per le frazioni di giorni si applicano gli arrotondamenti come previsto dal richiamato art. 3 legge 274/91. (…omissis… ai fini della misura del trattamento pensionistico, dovranno arrotondare il servizio complessivo utile a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a 15 giorni e computando per un mese quella superiore…omissis..). Quindi, riepilogando, tale diritto viene riconosciuto in maniera chiara ed esaustiva, da:
1) legge ordinaria, (art. 3 D.L. 274/1991)
2) dalla circolare INPS (14/98)
3) da una Giurisprudenza consolidata univoca e recentissima la quale ne dispone la attualità e ne ribadisce la sua applicazione”.

“Posso citare, poiché ne ho avuto esperienza diretta, almeno una cinquantina di casi di lavoratrici che, a seguito di questo dettato, hanno potuto accedere alla misura dell’Opzione Donna che altrimenti per sole due settimane di carenza contributiva, sarebbe stata loro preclusa.
Ora: non solo il Governo nonostante i proclami e le promesse dei suoi esponenti ha beffato le donne aumentando il requisito anagrafico di accesso alla misura ma ne ha successivamente e subdolamente peggiorato anche il requisito contributivo, riducendo di fatto la platea delle possibili optanti”, ha aggiunto Armiliato.

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