Dall’inizio dell’anno è in continuo aumento la popolazione detenuta e il susseguirsi di episodi di suicidio nelle carceri. Secondo il ministro della giustizia Nordio una soluzione per rendere più vivibile la pena dei detenuti sarebbe quella di fare altre carceri, per dare più spazio ai reclusi. Le risposte del ministro della giustizia alle interrogazioni dei deputati sulla situazione delle carceri in Italia sarebbero state laconiche secondo gli esponenti del Pd. Nordio avrebbe ripetuto più volte che la situazione è critica, ma non avrebbe nei fatti fornito alcuna proposta concreta per affrontare i problemi più urgenti, come il sovraffollamento, la carenza di personale e le condizioni di vita inadeguate.
Le criticità del sistema carcerario
Nel suo intervento di qualche mese fa, Nordio aveva affermato che “la pena ha senso se porta con sé un cambiamento e una rieducazione reale”, sottolineando l’importanza del lavoro e dello sport come elementi chiave in questo processo. Tuttavia, questa dichiarazione sembra non poter trovare alcuna applicazione pratica considerando le condizioni attuali delle carceri italiane. La proposta di utilizzare caserme dismesse come alternative alla costruzione di nuove carceri ha sollevato dubbi. I deputati del Partito Democratico hanno evidenziato che il sovraffollamento delle carceri in Italia è molto grave, con un tasso di affollamento che va oltre il 120%.
Le condizioni di vita in carcere sono spesso inumane, con episodi di violenza, degrado e mancanza di servizi essenziali. La riqualificazione delle caserme dismesse richiederebbe tempi e risorse notevoli. Il lavoro e lo sport indicati dal guardasigilli sono certamente fondamentali per la rieducazione dei detenuti, ma non sono sufficienti a risolvere i problemi del sistema carcerario.
La Presidente di Nessuno tocchi Caino, Rita Bernardini, dal suo canto ancora una volta aveva evidenziato la grave situazione delle carceri italiane, causata dal sovraffollamento e al deficit strutturale del personale penitenziario.
Recuperare la funzione rieducativa della pena
Le pene, in base al disposto dell’art. 27 della Costituzione, non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. La percentuale altissima di recidiva dimostra in maniera chiara quanto per ora il carcere sia non un luogo di rinascita e correzione ma solo di sofferenza e punizione. Bisogna recuperare l’importanza della funzione rieducativa della pena in base a quanto stabilito dall’articolo 27 della Costituzione. Il garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello, tra gli altri, in più di un’occasione aveva sottolineato l’importanza di recuperare la funzione riabilitativa e rieducativa della pena, per evitare che il carcere resta fine a se stesso ed il tasso di recidiva resta altissimo. Bisogna elaborare una cultura del carcere e sul carcere, le pene detentive devono essere garantite salvaguardando dignità e assistenza socio sanitaria.
I suicidi in carcere: un fenomeno in preoccupante crescita
Il Garante nazionale dei detenuti, dal suo canto, ha evidenziato che la criticità della densità della popolazione detenuta è aggravata dalla modalità con cui viene attuata la nuova disciplina della detenzione della media sicurezza, per la quale se le persone non sono impegnate in attività restano chiuse nelle camere di pernottamento, la permanenza nel chiuso delle celle, in spazi che in due Istituti sono anche certificati come inferiori al limite dei 3 mq per persona.
Provvedimenti urgenti per arginare il fenomeno del sovraffollamento
Il Garante nazionale segnala, quindi, a tutte le Autorità responsabili, che lo stato di sovraffollamento degli Istituti penitenziari italiani non può attendere i tempi di progetti edilizi di diverso genere. Il Garante nazionale raccomanda, pertanto, che si assumano provvedimenti urgenti di deflazione della popolazione detenuta sia pure di durata temporanea, e che si avvii in tempi rapidi la previsione normativa per consentire una modalità diversa di esecuzione penale per le persone condannate a pene brevi, inferiori ai due anni di reclusione.
A queste voci si unita anche quella autorevole di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione che da anni si occupa dei diritti e garanzie del sistema penale, che ha lanciato l’allarme sul sistema penitenziario italiano, affinché la politica ponga il tema delle carceri al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte.