Tre obiettivi per la riforma delle pensioni

La ministra del Lavoro Elvira Calderone vorrebbe varare, entro questa estate, una riforma complessiva delle pensioni.

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La ministra del Lavoro Elvira Calderone vorrebbe varare, entro questa estate, una riforma complessiva delle pensioni. Il suo obiettivo è quello di semplificare, razionalizzare, e chiudere con gli interventi tampone che di anno in anno vengono inseriti in ogni manovra finanziaria per superare il cosiddetto scalone Fornero. Come riporta il sito del quotidiano La Stampa, oggi, 19 gennaio, la titolare del dicastero del Lavoro e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha aperto il tavolo pensioni incontrando tutti insieme Sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) e associazioni imprenditoriali, da Confindustria a Confcommercio e Confesercenti, dagli artigiani alle cooperative alle associazioni del mondo agricolo.

Secondo la Calderone «può essere utile la ricostituzione di un nucleo di verifica della spesa previdenziale, per andare a definire correttamente i pesi delle singole gestioni e capire come si parlano o non si parlano» perché a volte i versamenti contributivi nelle varie gestioni non si armonizzano. Quello di oggi sarà dunque solo il primo di una serie di tavoli tecnici e non solo: l’incontro oltre a raccogliere le posizioni di tutte le parti sociali servirà anche ad articolare un calendario sui temi specifici che saranno poi oggetto dei successivi incontri.

Separare l’assistenza dalla previdenza.

Secondo il Decimo Rapporto di Itinerari Previdenziali presentato ieri alla Camera il sistema pensionistico italiano in senso stretto non ha problemi di sostenibilità, tuttavia bisogna separare una volta per tutte l’assistenza dalla previdenza posto che dal 2008 a oggi questa spesa è praticamente raddoppiate toccando quota 144 miliardi su una spesa complessiva di 517,7. Tuttavia, come avverte il presidente di IP Alberto Brambilla, «la stabilità rischia di essere minata dalle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero, dall’incapacità di affrontare adeguatamente l’invecchiamento della forza lavoro e dal livelli occupazionali da fanalino di coda in Europa».

Solidarietà e sostenibilità.

La Ministra punta a mettere in campo una revisione del sistema pensionistico «nel segno della solidarietà e della sostenibilità per le future generazioni». Tre gli obiettivi principali. Innanzitutto, si mirerà a chiudere la stagione delle forme sperimentali di accesso alla pensione puntando invece a un sistema di forme di pensionamento integrate che consenta di individuare l’accesso a pensione più compatibile con le esigenze personali e sanitarie del lavoratore e al contempo di ricambio generazionale dei datori di lavoro, evitando pericolosi ‘scaloni’ anagrafici.

Si perseguirà dunque una razionalizzazione degli strumenti di prepensionamento attualmente esistenti, prevedendo forme sostenibili di compartecipazione fra oneri a carico del datore di lavoro e dello Stato con esodo dei lavoratori più vicini alla pensione e percorsi “mirati” di staffetta generazionale; al contempo saranno verificate, a favore delle generazioni più giovani, forme di garanzia pensionistica nel caso di carriere contributive discontinue.

Infine si disegneranno forme di potenziamento della posizione pensionistica in modo da formare in modo consapevole una futura rendita adeguata al tenore di vita con oneri calcolati secondo i principi generali del nostro ordinamento pensionistico e si introdurranno forme di sinergia con le forme di previdenza complementare, ideando nuove campagne di adesione ai fondi di secondo pilastro come un nuovo “anno zero” di destinazione del Trattamento di fine rapporto per i lavoratori dipendenti, adeguando la soglia di deducibilità dei contributi di secondo pilastro.

La posizione dei Sindacati.

Secondo Cgil, Cisl e Uil, «occorre definire un’età d’accesso alla pensione intorno a 62 anni, come avviene nel resto della Ue» senza penalizzazioni esplicite, oppure consentire a tutti l’uscita con 41 anni di contributi. Poi, come spiega il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, «bisogna pensare alle future pensioni dei giovani, che a causa della precarietà di questi anni presentano buchi di contribuzione rilevanti che vanno colmati. È necessario riconoscere alle donne un anno di anticipo pensionistico per ogni figlio, valorizzare ai fini della contribuzione il lavoro di cura svolto all’interno delle famiglie e rendere strutturale Opzione donna nella sua versione originaria».

Inoltre «bisogna ripristinare la piena rivalutazione delle pensioni in essere recuperando una parte del montante perso. Occorre, infine, riaccendere i riflettori sui fondi integrativi attraverso un rafforzamento della fiscalità incentivante ed un nuovo semestre di silenzio assenso». In materia di flessibilità una delle ipotesi su cui si ragiona prevede di dare la possibilità anche a chi è nel sistema misto di andare in pensione prima dell’età di vecchiaia avendo maturato un livello minimo di pensione. Ora è possibile con tre anni di anticipo per chi è totalmente nel contributivo ed ha maturato un importo di pensione almeno pari a 2,8 volte la minima: l’idea è di arrivare ad abbassare questa soglia sino all’1,5. I Sindacati chiedono anche di modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento alle speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti di accesso alla pensione sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione.

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