Per il superamento della Legge Fornero, come promesso in campagna elettorale, il governo Conte il 15 ottobre 2018 ha approvato nel Disegno di Legge di Bilancio la cosidetta Quota 100. Essa è un meccanismo che prevede uscita anticipata con limite 62 anni con 38 anni di contributi che dovrebbe partire da febbraio 2019.
Riforma pensioni, le quattro finestre d’uscita e perdita dell’assegno del 21% con uscita a quota 100.
Per tutti coloro che avranno maturato i requisiti per la quota 100, nel 2019 le finestre di uscita saranno 4, una ogni tre mesi. Secondo quanto trapelato chi raggiungerà i requisiti per l’uscita dal lavoro nel mese di marzo 2019 potrà andarci ad aprile e le finestre successive saranno a luglio e ottobre 2019, e gennaio 2020.
Inoltre, è da sottolineare che il requisito di 38 anni di contribuzione, resta fisso. Dunque, nel caso si abbia una età tra 63 anni e 66 quindi con 63 anni e 38 di versamenti si ha una quota 101, poi 102 e a seguire fino a 104. Per chi, invece, raggiunge i 67 anni, potrà uscire dal momdo lavoro con le regole vecchie, accumulando cioè il requisito minimo di 20 anni di contributi.
Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervenuto in un’audizione alla Commissione Lavoro della Camera, ha avvertito i lavoratori che accettando di andare in pensione a 62 anni, lavorando così per 5 anni potenziali in meno – rispetto all’età pensionabile di 67 anni -, l’assegno previdenziale sarà più basso di circa il 21%. Nonostante l’esecutivo gialloverbe ha assicurato che uscendo con Quota 100 non ci saranno penalizzazioni.
Poi il presidente dell’Inps facendo un esempio di una retribuzione media di un dipendente pubblico di 40.000 euro lordi l’anno e una pensione attesa di 30.000 euro in uscita nel 2019 ha detto: «Se il calcolo è interamente retributivo fino al 2011 e poi contributivo uscendo cinque anni prima si rinuncia a circa 500 euro al mese (lordi) che si sarebbero presi uscendo a 67 anni. In pratica a 67 anni si prenderebbe una pensione da 36.500 euro ma avendo versato contributi per altri cinque anni. Se invece si va in pensione prima non si versano contributi e si prendono 150.000 (30.000 per cinque anni) euro di assegni in più».
Dunque, coloro che decideranno di uscire anticipatamente con Quota 100, pur non subendo alcuna penalizzazione sull’assegno previdenziale percepirà una pensione più bassa rispetto a quella che avrebbe ottenuto se non fosse uscito a 67 anni. Secondo alcune simulazioni riportate dal quotidiano Repubblica, un lavoratore che andrà in pensione a 62 anni con 38 di contributi, invece di prendere 1778 euro al mese, ne prenderà 1.442.