Riforma pensioni 2018: la quota 100 penalizza le fasce più deboli!

La “Quota 100” prevede l’uscita dal mondo del lavoro quando la somma fra età anagrafica e contributi annui versati al fisco raggiunge il valore 100.

Riforma pensioni 2018: la quota 100 penalizza le fasce più deboli!

L’obiettivo del governo Lega-M5S è quello di superare la Legge Fornero con l’introduzione della Quota 100, quota 41 e la proroga del regime sperimentale di Opzione Donna. In un editoriale pubblicato sul Sole 24 ore, viene monitorato la situazione attuale della “controriforma” del Governo Conte sul fronte pensioni.

Riforma pensioni 2018: la quota 100 penalizza le fasce più deboli.

La “Quota 100” prevede l’uscita dal mondo del lavoro quando la somma fra età anagrafica e contributi annui versati al fisco raggiunge il valore 100, con un limite minimo a 64 anni e 36 di contributi. In questo caso, il lavoratore in pensione potrebbe incappapre in penalizzazioni dell’assegno.

Secondo le prime stime, l’uscita dal lavoro a 64 anni potrebbe comportare un taglio dell’assegno di circa l’8%. Ad esempio, se un lavoratore con uno stipendio mensile di 1200 euro, con le regole attuali andrebbe in pensione a 67 anni con un assegno di 900 euro al mese; invece con la quota 100 lascerebbe a 64 anni con 828 euro di assegno.

Come riportato sul Sole 24 ore: “La riduzione effettiva dell’età di pensionamento sarà appannaggio di lavoratori con carriere medio-lunghe, molti dei quali (i 64enni della quota 100) avrebbero comunque accesso all’Ape volontario. È presto per confrontare la penalizzazione derivante dal ricalcolo della pensione con il costo dell’Ape volontario. Ma potrebbero non esserci grandi differenze”.

Nella riforma delle pensioni proposta dall’esecutivo, vi è anche il prepensionamento con la quota 41, ovvero la possibilità per i lavoratori precoci di ottenere la quiescenza una volta raggiunti i 41 anni di versamenti. Quanto si perderebbe sull’assegno di pensione con la quota 41?

Se verrà adottato il calcolo contributivo dell’assegno a perdere saranno quei lavoratori che hanno beneficiato di aumenti di stipendio nel corso della carriera lavorativa e, rispetto al calcolo con sistema retributivo, la pensione diminuirebbe del 10% circa. A partire dal 2019 la quota 41 potrebbe trasformarsi in quota 41.5, per gli adeguamenti alla speranza di vita previsti dalla Legge Fornero.

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