Pensione a 71 anni per le giovani generazioni

Nel  Panorama sulle pensioni 2017, stilato dall'Ocse, l'età pensionabile in Italia è destinata a crescere ulteriormente, tanto che per i nati nel 1996 la pensione di vecchiaia potrà essere raggiunta a 71,2 anni. 

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Nel  Panorama sulle pensioni 2017, stilato dall’Ocse, l’età pensionabile in Italia è destinata a crescere ulteriormente, tanto che per i nati nel 1996 la pensione di vecchiaia potrà essere raggiunta a 71,2 anni. L’aumento dell’età pensionabile inizierà a partire dal 2019, quando saranno necessari 67 anni per poter accedere alla pensione di vecchiaia, sulla base dell’ultima revisione sulle aspettative di vita dell’Istat.L’Italia non è la sola tra i Paesi Ocse a raggiungere tale risultato: anche in Danimarca e in Olanda le giovani generazioni sono destinate ad andare in pensione dopo i settant’ anni d’età: addirittura 74 anni per  la Danimarca e 71 per Olanda.

Un altro dato che emerge dal rapporto sulle pensioni è che in Italia nel 2016 si è registrato il più alto divario nei Paesi dell’Ocse tra l’età legale d’uscita, che è 66,7 anni per gli uomini e quella reale di pensionamento, con una differenza media di 4,4 anni. Si esce dal mondo produttivo, quindi, molto prima dei 63 anni. In media nell’area Ocse il divario tra età legale ed effettiva di uscita per pensionamento è di 0,8 anni per gli uomini e di 0,2 anni per le donne.

Pensioni future e spesa previdenziale. 

Nel dossier dell’Ocse sulle pensioni, si segnala che la spesa pensionistica è “aumentata e dovrebbe continuare a crescere nel breve termine in gran parte dei Paesi Ocse”.,Secondo l’Ocse, “l’attuale sfida dell’Italia è limitare al tempo stesso la spesa pensionistica nel breve e medio termine e affrontare i problemi di adeguamento per i futuri pensionati”.

Inoltre, in particolare per l’italia, l’Ocse precisa che l’aumento dell’età pensionabile effettiva dovrebbe continuare a essere la priorità, al fine di garantire benefici adeguati senza minacciare la sostenibilità finanziaria. “Ciò significa concentrarsi sull’aumento dei tassi di occupazione, in particolare tra i gruppi vulnerabili. Un mercato del lavoro più inclusivo ridurrebbe anche il futuro tasso di utilizzo delle prestazioni sociali per la vecchiaia”.

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