Papa Francesco prosegue la sua visita in Congo!

Nel corso della sua visita in Congo, nella capitale Kinshasa Papa Francesco ha raccolto le testimonianze delle vittime delle tante violenze nel Paese.

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KinshasaPapa Francesco, nel corso della visita di mercoledì a Kinshasa nel suo viaggio in Congo, ha raccolto le testimonianze delle vittime delle tante violenze nel Paese martoriato da guerriglia e attentati. Fra queste, come riferisce il sito tgcom24.mediaset.it, assai toccante è stata la storia di una donna, Emelda, che ha raccontato al pontefice di essere stata violentata, tenuta nuda durante la prigionia come schiava sessuale e costretta a mangiare carne umana.

Il racconto di Emelda!

Responsabile degli abusi sulla popolazione è spesso il gruppo armato M23, che Kinshasa, l’Onu e molti osservatori internazionali ritengono essere sostenuto dal vicino Rwanda. “I ribelli – ha detto Emelda al Papa – avevano fatto un’incursione nel nostro villaggio di Bugobe; era un venerdì sera del 2005. Hanno fatto irruzione nel villaggio, prendendo in ostaggio tutti quelli che potevano, deportando tutti quelli che trovavano, facendo loro portare le cose che erano state saccheggiate. Durante il tragitto, hanno ucciso molti uomini con proiettili o coltelli. Le donne invece le hanno portate al parco di Kahuzi-Biega. All’epoca avevo 16 anni”.

Nutriti con carne umana!

Da quel momento è iniziato per lei l’inferno. “Sono stata tenuta come schiava sessuale e abusata per tre mesi. Ogni giorno, da cinque a dieci uomini abusavano di ciascuna di noi. Ci hanno fatto mangiare la pasta di mais e la carne degli uomini uccisi. A volte mescolavano le teste delle persone con la carne degli animali. Questo era il nostro cibo quotidiano. Chi si rifiutava di mangiarlo veniva fatto a pezzi e gli altri erano costretti a mangiarlo. Vivevamo nudi perché non scappassimo“.

Fuga dall’inferno!

Emelda ha subito tutto questo fino al giorno in cui, “per grazia, riuscii a fuggire quando ci mandarono a prendere l’acqua dal fiume“. Di li’ il ritorno a casa, dai genitori, le cure all’ospedale di Panzi, a Bukavu, specializzato nel trattamento dei sopravvissuti alla violenza. Emelda parla anche del sostegno ricevuto dalla Chiesa. Dice: “Oggi vivo bene come una donna realizzata che accetta il suo passato. La nostra Provincia è un luogo di sofferenza e di lacrime, ma oggi è pronta a perdonare: mettiamo sotto la croce di Cristo questi abiti degli uomini in armi che ancora ci fanno paura per averci inflitto innumerevoli atti di violenza atroci e indicibili, che continuano ancora oggi. Vogliamo un futuro diverso“.

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