Secondo gli operatori dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, sono almeno diciannove i miliardi che gli italiani spendono in attività illegali. In particolare si possono evidenziare tre settori fondamentali: l’uso di sostanze stupefacenti (14,3 miliardi), la prostituzione (4 miliardi) e il contrabbando di sigarette (600 milioni di euro).
Zabeo (CGIA): “Una economia parallela che non è mai in crisi!”
Si tratta di una economia parallela che non va mai in crisi: l’ultimo dato disponibile, che risale al 2015, era fermo a 17,1 miliardi di euro e dimostra che in quattro anni l’aumento in percentuale è stato di oltre quattro punti. “Lungi dall’esprimere alcun giudizio etico – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – è comunque deplorevole che gli italiani spendano per beni e servizi illegali più di un punto di Pil all’anno“. Zabeo ricorda che l’ingente giro d’affari che questa economia più che sommersa produce, costringe per conseguenza tutta la comunità a farsi carico di un costo sociale assai elevato. Senza menzionare il fatto che “il degrado urbano, l’insicurezza, il disagio sociale e i problemi di ordine pubblico provocati da queste attività hanno effetti molto negativi sulla qualità della vita dei cittadini e degli operatori economici che vivono e operano nelle zone interessate dalla presenza di queste manifestazioni criminali”.
“Necessità di reinvestire nell’economia legale”.
“I gruppi criminali – conclude Zabeo – hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2016 costituisce un segnale molto preoccupante. Tra l’altro, dal momento che negli ultimi 2 anni si registra una diminuzione delle segnalazioni archiviate, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle denunce registrato negli ultimi tempi evidenzi come questa parte dell’economia sia forse l’unica a non aver risentito della crisi”.