Corrado Zunino, avviate le procedure per il rientro in Italia del giornalista ferito in Ucraina

Sono state avviate le procedure per il rientro in Italia di Corrado Zunino, giornalista di Repubblica, ferito ieri alle porte di Kherson!

Corrado Zunino, avviate le procedure per il rientro in Italia del giornalista ferito ieri

L’inviato di Repubblica Corrado Zunino, giornalista italiano di Repubblica, è rimasto ferito ieri in Ucraina durante un attacco alle porte di Kherson, mentre il suo collaboratore Bogdan Bitik è morto. A confermare la notizia il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il giornale, poi lo stesso giornalista su Twitter: “In viaggio da Kherson verso Odessa. Sto bene, ho una ferita alla spalla destra, sfiorata dal proiettile che ha centrato il mio grande amico Bogdan. Credo sia morto, all’inizio del Ponte di Kherson. Un dolore infinito. Avevo il giubbotto con la scritta Press”.

Avviate le procedure per il rimpatrio di Corrado Zunino!

Intanto, sono state avviate le procedure per il rimpatrio di Corrado Zunino. Zunino a The breakfast club su Radio Capital racconta l’attacco di ieri, nel quale ha perso la vita il collaboratore: “Non capisco come sia stato possibile. La macchina l’avevamo lasciata nella rampa di accesso al ponte. Io ho un giubbotto blu con scritto molto in grande press e i due militari ucraini che ci hanno detto di andare via avevano capito che eravamo giornalisti. Ma i russi sparano su qualunque cosa, hanno sparato su dottori e ora sparano sulla stampa. Ho perso il conto di giornalisti e fotografi scomparsi o morti”.

Il racconto di Corrado Zunino di quei drammatici momenti!

Ha raccontato Zunino a telefono con la sua redazione: “Non ci siamo mai esposti a rischi gratuiti. Non c’era un’atmosfera di guerra, su quel ponte c’era silenzio. Ora sono in un ospedale militare al sud del paese, ho 4 ferite lievi. Ma a breve ci sarà il trasferimento per il mio rientro in Italia. Abbiamo passato tre check-point, Bogdan ha parlato con i militari ucraini e ci hanno fatto passare senza problemi. Non era una zona di combattimenti. Poi siamo stati colpiti, ho sentito un sibilo e ho visto Bogdan a terra, non si muoveva, ho strisciato fino a togliermi dalla fila del fuoco”.

Ha raccontato con grande sofferenza della morte del collaboratore: “Ho corso fino a quando non ho incrociato un’auto di un civile. Ero pieno di sangue, mi sono fatto portare fino all’ospedale di Kherson. Ho quattro ferite ma sono stato curato perfettamente. Ho provato più volte a chiamare Bogdan, non rispondeva. Era un mio grande amico, è una sofferenza atroce“.

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