Riforma pensioni: i sindacati scrivono al Premier Conte

Riforma delle pensioni: i sindacati chiedono un incontro al Presidente del Consiglio Conte. Donne e pensioni: la valorizzazione dei lavori di cura.

Riforma pensioni e Legge di bilancio: continua la mobilitazione sindacale

Proseguono i tavoli di confronto tecnico sulle pensioni tra Governo e sindacati. Domani, 19 febbraio 2020 si terrà l’ultimo confronto previsto, quello sulla previdenza complementare. Nel mese di marzo verrà fatta una sintesi sulle ipotesi di riforma. Il Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha chiarito ad Italpress che si arriverà a settembre per avere una proposta concreta e che le risorse verranno stanziate con la Legge di Bilancio 2021.

“Il confronto tra Governo e sindacati su fisco e pensioni è un buon segno, ma non sufficiente. Abbiamo inviato una lettera al Presidente del Consiglio per una richiesta urgente di incontro sulle tante vertenze aperte e sui gravi problemi economici e per definire una cabina di regia chiara che definisca la strategia per le crisi aziendali, su come sbloccare i cantieri e gli investimenti pubblici“, ha dichiarato il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, al termine di una riunione delle Segreterie unitarie di Cgil, Cisl, Uil.

“Per ora  sulle pensioni abbiamo fatto degli incontri. Il 19 febbraio ci sarà l’ultimo. Il Governo è stato tutto orecchie ad ascoltarci, ma non ha detto una parola. Sul fisco, dopo i 3 miliardi sul cuneo, non abbiamo avuto alcuna interlocuzione. Marzo è il mese fondamentale. Dopo la fase di ascolto vogliamo capire con quali risorse e progetti si intende andare avanti su pensioni e fisco“, ha aggiunto il leader sindacale.

I sindacati chiedono un incontro prima del Def

Obiettivo dei sindacati è quello di ottenere un incontro con il Premier prima del Def. “Il senso della nostra azione è che entro aprile deve essere definito il nuovo Def, per la richiesta di incontro con Conte ciò che rivendichiamo è che si avvii una fase di riforme e cambiamenti veri”, ha chiarito Furlan.

“Dobbiamo fare il punto con il Governo  per capire se ci stanno ascoltando: abbiamo preso atto che conoscono la piattaforma meglio di noi, ma abbiamo bisogno di risposte e di sapere quante risorse saranno postate per gli investimenti pubblici e privati e per tutto ciò che è necessario al Paese, al Mezzogiorno, ai giovani, alle donne, ed ai pensionati”, ha dichiarato Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil.

Donne e pensioni: la valorizzazione dei lavori di cura

Alessandra Servidori, docente ed esperta in politiche del welfare, ha analizzato su Startmag i dati forniti dal Settimo Rapporto sul Bilancio del sistema previdenziale italiano del Centro Studi e Ricerche Itinerari previdenziali, con particolare riferimento alla platea femminile.

“L’opportunità di una diversa età di pensionamento per uomini e donne viene di norma sostenuta in base alle ragioni, biologiche, culturali e sociali, che impongono alle donne un “doppio lavoro”, in quanto all’occupazione retribuita (quando c’è) aggiungono la maternità e le attività di cura dei familiari e della casa. Quest’ottica di consentire alle donne un pensionamento anticipato rispetto agli uomini potrebbe sembrare una naturale compensazione, ha osservato Sevidori, precisando che, in realtà, diversi fattori rendono “questa logica non soltanto obsoleta, ma anche potenzialmente dannosa, se si tiene conto del peso crescente che il metodo contributivo avrà nella determinazione dei benefici”.

Con tale metodo, infatti, prosegue la professoressa, “la fissazione di una più bassa età di pensionamento potrebbe addirittura portare a uno svantaggio netto per le donne, visto che a carriere lavorative più brevi corrispondono generalmente pensioni più basse; il problema è naturalmente acuito dalla maggiore discontinuità delle carriere femminili”. Per l’esperta bisogna puntare al “pieno riconoscimento, anche a fini pensionistici, delle attività di cura, così che queste non si riflettano negativamente sul reddito in età anziana. L’accredito di contributi figurativi per tali periodi è quindi da preferirsi al differenziale nell’età di pensionamento, soprattutto se, essendo riconosciuto a entrambi i coniugi, non costringe donne e uomini entro ruoli di genere predefiniti”.

“Il problema non deve essere quindi rappresentato dalle “compensazioni” che si possono ottenere a posteriori per gli svantaggi subiti, ma piuttosto dalle diverse condizioni di partecipazione femminile al mercato del lavoro: le donne presentano tassi di partecipazione più bassi di quelli maschili, remunerazioni mediamente inferiori, maggiori interruzioni di carriera. Il metodo contributivo mette giustamente l’accento sul lavoro come fonte di reddito anche nel periodo di pensionamento, ed è in questo ambito che vanno sanate le disparità. Per contro, le compensazioni ottenute con vantaggi ex post, finiscono per perpetuare le disuguaglianze a monte, anziché ridurle”, ha precisato la professoressa Servidori.

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