Riforma pensioni: Opzione donna, lavori di cura e gender gap

Le riflessioni di Lucia Rispoli sulle pensioni al femminile, gender gap e lavori di cura.

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Le pensioni al femminile ed il gender gap sono stati due degli argomenti di cui si è discusso nel corso dell’evento: “Stati Generali delle Donne “Da Expo2015 a #Matera2019”. Nel corso del suo intervento, Lucia Rispoli, amministratrice del Movimento Opzione Donna ha osservato che “il contributo intellettuale delle donne nella società è ancora sottovalutato ed è, quindi, indispensabile attribuire un valore qualitativo e quantitativo ad esso”.

“Come mostrano numerosi studi, la disuguaglianza di genere sul mercato del lavoro è ancora pervasiva e le cause sono ormai note (minori tassi di occupazione, forme di lavoro precario, profili retributivi più bassi, periodi di interruzioni dal lavoro, ricorso al part-time) e non sono una libera scelta, ma dovute all’assenza di efficienti servizi di assistenza all’infanzia e alla persona“, ha aggiunto Rispoli.

Gap di genere

“Tutto ciò determina un gap retributivo e previdenziale che, a sua volta, produce un gap pensionistico per le donne. Siccome la pensione è il riassunto della vita lavorativa, la conseguenza del gender gap è il c.d. il
gender gap in pension, per il quale sono necessari interventi e misure ex ante sulle carriere lavorative. I soli interventi di tipo previdenziale non possono sanare le diseguaglianze generate da diversi redditi tra uomini e donne, da carriere lavorative discontinue, dal “lavoro di cura” svolto dalla donna “in perfetta solitudine” per supplire alle carenze pubbliche che non assicurano adeguata assistenza ai soggetti che ne necessitano”, ha sottolineato l’amministratrice del Movimento Opzione donna.

Le Donne lavorano senza riconoscimento su più fronti, sostituendosi del tutto o in parte alle
istituzioni: il familiare/domestico ed il sociale/di cura sono già sufficienti a moltiplicare la quantità di ore lavorate. Inoltre, oggi troppe donne “over 50” hanno perso un lavoro dignitoso e stentano a trovarne un altro e, pur avendo maturato 35 anni e forse più anni contributivi, non avranno di che
vivere per almeno un altro decennio, fino al raggiungimento di circa 70 anni di età”, ha aggiunto.

Il tema della previdenza delle donne deve essere affrontato con particolare attenzione e cautela, perché, come sappiamo, gli effetti di politiche troppo drastiche con cambiamenti repentini privi della necessaria gradualità e di tipo “ragionieristico” (come quelli concretizzatesi nella riforma del 2010 per le donne del pubblico impiego e poi nel 2011 con la c.d. Legge Fornero per quelle del settore privato), hanno imposto alle donne limiti inaccettabili e soprattutto insostenibili nell’accesso alla pensione, in nome di una logica di parità di sesso ed in conseguenza degli equilibri di bilancio imposti dall’Unione Europea”, ha precisato Rispoli.

Lavoro di cura 

L’amministratrice del Movimento Opzione donna ha esternato alcune riflessioni sul lavoro di cura: “Sarebbe forse preferibile modificare il nostro linguaggio ed iniziare a parlare di “armonizzazione dei “tempi di vita” e “tempi di lavoro”, piuttosto che di conciliazione, poiché la sola conciliazione tra essi comporta una semplicistica  sommatoria dei tempi, se non una loro disumana “moltiplicazione”. Il tempo delle donne non può essere “cattivo”, né illimitato, né dilatabile, anche al fine di poter vivere e lavorare in buona salute. Per armonizzare i tempi di vita e di lavoro dobbiamo lavorare con i nostri compagni di viaggio per smantellare pregiudizi e per salvare noi stesse dalla convinzione, sempre troppo frequente, di essere uniche a poter curare i figli e a sostenere i genitori.

Infine, per promuovere una cultura e una società più pacifiche, sostenibili e giuste è necessario rivoluzionare il concetto di “cura” secondo i principi della economia di cura (quella che Rain Eisler ha definito “Care Economy”). Un concetto di cura al di là e ben oltre l’ambito socio-familiare privato nel quale la donna è stata finora relegata come attitudine femminile del prendersi cura di qualcuno, ma inteso come sistema diffuso di welfare pubblico che consenta finalmente alla donna di affrancarsi dai lavori di cura e dedicarsi alla propria professione.

Le Donne costituiscono un esercito di esperte nella cura, competenti e titolate. Il loro esserci è “la cura” per eccellenza, proprio per le specificità di cui sono portatrici. E’ necessario oggi che questa presenza e modalità femminile, che punta diretta a ricostituire armonia e bellezza, si manifesti e si esprima nella CURA come azione permanente sull’esistente, “nella manutenzione, nel “miglioramento, nell’ efficientamento, nella “ristrutturazione e riorganizzazione” necessari nei vari ambiti e contesti, incluso quelli amministrativi, ed estesa al territorio e  all’ambiente fisico, senza sprechi e all’insegna della piena sostenibilità, anche economica. Oggi questo significato di cura rappresenta il bisogno più urgente ed attuale al quale la Politica deve rispondere, aprendosi realmente ad un’opportunità storica che va assolutamente colta: affidare alle Donne la “gestione di questa cura” a tutto tondo, perché la cura sia posta finalmente al centro della Politica”.

Opzione donna

“Fino al 2011, questa misura sperimentale non costitutiva un’opportunità particolarmente conveniente, potendo andare in pensione a 60 anni col più favorevole sistema retributivo/misto, rispetto ad un’opzione di uscita a 57/58 anni, a condizione di accettare il calcolo del sistema contributivo, comportante una riduzione in media di circa il 30 per cento dell’assegno pensionistico. La sperimentazione di Opzione Donna è divenuta fino al suo termine fissato al 2015, l’unica opportunità in grado di consentire alle donne l’uscita anticipata dal lavoro ed offrire una risposta alle tante categorie sociali e lavorative rimaste letteralmente senza alternative“, ha precisato l’amministratrice del Movimento Opzione donna.

“Dopo tre anni di battaglie, la prosecuzione di Opzione donna è stata finalmente concessa dall’attuale Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 17 gennaio 2019, seppur prevedendo un incremento di un anno dei requisiti anagrafici. Il decreto approvato proroga la misura al 31.12.2018 ad esclusivo favore delle lavoratrici di 58 e 59 anni, che hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni, ferma restando l’opzione per il calcolo contributivo della pensione e l’erogazione subordinata alle vecchie finestre di accesso di 12 e 18 mesi“, ha chiarito Rispoli.

Previdenza al femminile

Secondo l’amministratrice del Movimento Opzione donna: “Opzione Donna al 2018 è una misura insufficiente per risolvere il tema della previdenza per le donne affrontata in questo mio intervento: è certamente urgente provvedere ad una riforma del sistema previdenziale restituendo un accesso pensionistico dignitoso e “a misura di Donna”, che garantisca in maniera permanente l’opzione di uscire dal mondo del lavoro a sessant’anni di età. 

Ed è in questo che la Politica gioca un ruolo fondamentale. La società ha bisogno di questa Politica, e della maniera femminile per praticarla, vale a dire tenendo conto di quello specifico femminile che è fatto di inclusività, di accoglienza, di nutrimento, di cura e di difesa, di intelligenza ad ampio raggio e di pragmatismo. Occorre una rivoluzione del paradigma di pensiero a cui noi donne abbiamo il compito di contribuire con le nostre idee ed esperienze, poiché non solo è cogente la parità di genere ma, secondo la teoria della trasformazione culturale, occorre un nuovo sistema che sviluppi rapporti di partnership anziché di dominio”.

Il Movimento Opzione donna

“Il MOVIMENTO OPZIONE DONNA, che oggi rappresento con Teresa Ginetta Caiazzo, è nato nel 2016
dall’esigenza di dar voce alle Donne che chiedevano una misura pensionistica di flessibilità, più giusta ed adeguata alle aspettative immaginate per la vita di ognuna. Il Movimento si è impegnato a difendere un diritto fondamentale delle donne lavoratrici che reclamavano il mantenimento dei criteri di flessibilità in uscita previsti dalla legge 243 del 2004, c.d. “Opzione Donna”, come misura correttiva alle regole del sistema pensionistico imposto dalla riforma Fornero, che aveva innalzato senza alcuna gradualità i limiti dell’età pensionabile delle donne di 8-10 anni in media”, ha proseguito Rispoli.

“Il nostro Movimento ha rappresentato un esempio virtuoso dell’utilizzo dei social come mezzo di
comunicazione e di aggregazione: la partecipazione ai social network da parte di circa 25.000 donne
sulla tematica “Opzione Donna” ha consentito alle donne di unirsi per essere rispettate ed ascoltate
dal governo nella veste politica di “interlocutore attivo e collaborativo”, senza intermediari di alcun
tipo, nel rispetto del moderno principio di sussidiarietà”.

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