Riforma pensioni: i limiti di Quota 100 ed Opzione donna

La riforma delle pensioni 2019. Quota 100 ed Opzione donna non convincono la Cida. Le riflessioni di Armiliato sui lavori di cura.

Riforma pensioni: Quota 100 e rivalutazione. Le ultime novità

Proseguono le audizioni in Commissione lavoro al Senato per la conversione in legge del decreto contenente il Reddito di cittadinanza, Quota 100 ed Opzione donna. Il testo approderà in Aula nella settimana dal 19 al 21 febbraio. Nel corso dell’audizione, la Cida, Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità, ha illustrato le criticità che, nella sua analisi, sono presenti nelle misure di Quota 100 ed Opzione donna.

Quota 100 potrebbe mettere seriamente a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale secondo Cida: “La platea che potrebbe accedere alla misura è di un milione di persone secondo le stime del Governo. Un obiettivo che, auspichiamo, non venga raggiunto perché metterebbe in ulteriore crisi tutto il sistema  previdenziale peggiorando il rapporto tra attivi e pensionati”, ha affermato la Confederazione.

Il costo della riforma delle pensioni giallo-verde

“Il costo della riforma previdenziale, sempre secondo le stime governative, sarebbe di circa 22 miliardi in tre anni ma, secondo vari studi, potrebbe agevolmente salire di molto se si considera tutto l’arco temporale in cui il provvedimento produce i suoi effetti. Valutiamo quindi con preoccupazione tali conseguenze che renderebbero vani gli sforzi fatti con l’introduzione della riforma Fornero per contenere la spesa previdenziale e la minaccia che questa rappresenta per il debito italiano”, ha osservato la Cida.

“Rispetto alle normative vigenti, c’era bisogno di introdurre maggiore flessibilità”, ha proseguito la Cida, aggiungendo, però che “il provvedimento in discussione per la sua transitorietà e per alcune disposizioni, non coglie l’esigenza di migliorare la Riforma Fornero, introduce una nuova porta di ingresso, insieme alle undici finora concesse – riportando il sistema previdenziale agli anni della “giungla pensionistica” dove molte categorie avevano regole diverse – e crea un vuoto di prospettive con il concreto rischio, passato il periodo di applicabilità, di un ritorno in grande stile di una Riforma Fornero Bis”.

I punti deboli di Quota 100

La Cida critica in particolare la sperimentazione di Quota 100, che “lascerà in eredità il problema di un eventuale rinnovo e delle sue coperture oltre che il rischio di creare nette iniquità di trattamento anche fra lavoratori nati a pochi mesi di distanza” ed il divieto di cumulo con redditi da lavoro, in quanto “penalizza quei lavoratori che, pur volendo andare in pensione, vorrebbero poter avviare attività imprenditoriali o consulenziali”.

“Quota 100 non determinerà , come da altri sostenuto, un positivo automatismo/effetto indotto sull’occupazione. Una tesi che sembrerebbe confermata dai sondaggi di opinione raccolti su un campione di oltre 500 manager, in una indagine commissionata da Manageritalia ad AstraRicerche. Circa il 70% dei manager intervistati ritiene infatti che molti potenziali utilizzatori non utilizzeranno la possibilità di uscita con Quota 100, perché avrebbero una pensione ridotta e non potrebbero cumulare lavoro e pensione. Inoltre il 63% ritiene che queste uscite saranno utilizzate dalle aziende non per nuove occupazioni ma per fare  ristrutturazioni organizzative e ridurre i costi. Solo il 39,8% pensa che saranno davvero favorite le uscite dei senior”, ha precisato la Confederazione.

Per la Cida, inoltre: “L’art. 21 del decreto produce degli effetti che a noi sembrano un autentico paradosso:
autorizzando a versare contributi INPS anche oltre il massimale contributivo (oggi di circa 101mila euro) si darebbe l’opportunità ai lavoratori di costruirsi una pensione elevata, che con altro provvedimento il Governo taglia. Pur comprendendo l’intento del legislatore di dare una alternativa al lavoratore impiegato nei comparti dove non esiste la previdenza complementare, riteniamo non si debba desistere nel dare incentivi al secondo pilastro e favorire la previdenza complementare in tutto il pubblico impiego”.

I limiti di Opzione donna

La Cida ha toccato anche il tema delle pensioni femminili, soffermandosi su Opzione donna. ” In base alla norma resta in vigore l’Opzione donna, ma prevede l’obbligo di calcolo con il sistema contributivo, molto più  penalizzante. Inoltre non si tiene conto della difficoltà per le donne di giungere a 35 anni di contributi, figuriamoci dunque raggiungere 41 anni di contributi, obiettivo dichiarato da questo Governo come unico requisito pensionistico per tutti da adottare terminata la sperimentazione”, ha osservato la Confederazione.

Le riflessioni di Orietta Armiliato del CODS

Sempre in tema di riforma delle pensioni, Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social, ritiene che sia “necessario, oggi più che mai, mettere le donne al centro, soprattutto della discussione politica”. Armiliato, a proposito di Opzione donna ha precisato:”Sottoscrivo che va non bene, ma benissimo che ci sia anche questa scelta ma, deve essere appunto un ANCHE e non un SOLO!”. ” Tutti possono anticipare il TFS se dipendenti della PA e chi sceglie Opzione Donna non lo può fare e deve aspettare almeno due anni”, ha aggiunto.

Secondo Armiliato piuttosto che “invocare (anche se trattasi di scelta) una misura come l’Opzione Donna”, “date tutte le statistiche che avvalorano il fatto che le donne non riescono ad aderire a nessuna opzione esistente proprio per l’impossibilità di accumulare il numero di anni richiesti per accedere”, si dovrebbe ottenere “un riconoscimento in termini contributivi , come il RICONOSCIMENTO DEL LAVORO DI CURA“. Per l’amministratrice del CODS:” Sarebbe un veicolo formidabile per stabilire equità rispetto al doppio lavoro svolto dentro e fuori casa”.

“A parte i reiterati piagnucolii, lamentele, vittimismi da parte della stragrande maggioranza delle donne tipo “sono stanca di lavorare fuori e dentro casa h 24 che neppure un mulo” (che è solo verità) e che ascoltiamo in continuazione, ed oltre ad elemosinare una misura che ancora, anche se opzionale le penalizza, checché qualcuno voglia sostenere il contrario con assunzioni che arrivano spesso anche e proprio da coetanee, perché non proviamo a guardare al di là della lente che ci hanno/ci siamo appiccicate al naso rendendoci conto che, per migliorare tutto questo e dare dignità al nostro doppio a volte triplo se non quadruplo lavoro giornaliero, qualcosa si PUÒ e si DEVE fare?”, ha sottolineato Armiliato.

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