Pensioni 2019: Quota 100, mobilitazione sindacale, donne e pensioni. Tutte le ultime novità

Le ultime novità sulla riforma delle pensioni 2019. La mobilitazione sindacale del 1° giugno. I limiti di Quota 100 ed Opzione donna.

Pensioni 2019: blocco della rivalutazione e riduzione delle pensioni di importo elevato. In arrivo altri tagli?

I sindacati dei pensionati  Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil hanno annunciato lo spostamento del luogo scelto per la manifestazione indetta il  1° giugno a Roma da Piazza del Popolo a Piazza San Giovanni. Il motivo di tale cambiamento è “l’alto numero di adesioni registrate in queste ore tra i pensionati in tutta Italia”, come segnalato da fonti sindacali.

Tale decisione descrive il clima di insofferenza e di insoddisfazione nei confronti delle politiche adottate finora dal governo, che hanno penalizzato ancora una volta milioni di persone anziane”,  si legge in una nota congiunta dei sindacati. “Adesioni altissime. Una grande voglia di partecipare. Pensionati e pensionate che da tutta Italia ci chiedono di poter venire a manifestare il 1° giugno a Roma. Piazza del Popolo non bastava e ne serviva una più grande. Ci vediamo a San Giovanni. E sarà bellissimo”, ha dichiarato Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil.

Le ragioni della mobilitazione sindacale 

“Nonostante i molteplici appelli rivolti alle forze politiche che governano il Paese con l’obiettivo di trovare insieme delle misure che potessero andare incontro alle esigenze dei pensionati, l’unica decisione adottata dal governo è stata quella del taglio della rivalutazione, alla quale si aggiungerà un corposo conguaglio che i pensionati dovranno restituire nei prossimi mesi“, hanno affermato Spi, Fnp e Uilp.

“Avevamo chiesto di ridurre le tasse sulle pensioni che risultano essere le più alte d’Europa; ci siamo mobilitati per avere una sanità che rispondesse realmente alle esigenze dei pensionati, con interventi e risorse maggiori da destinare all’assistenza e alla non autosufficienza: il governo non ci ha voluti ascoltare, rimanendo indifferente di fronte a temi di straordinaria rilevanza per la vita delle persone anziane e delle loro famiglie. Di fronte a tale silenzio è necessario avviare una grande mobilitazione unitaria per impedire che si continui con politiche sbagliate che danneggiano ulteriormente la condizione di vita già difficile dei nostri pensionati”, hanno concluso Spi, Fnp e Uilp.

Quota 100 e turnover

Il legame tra le pensioni anticipate con Quota 100 e lo sblocco del turnover è stato confutato in più di un’occasione. L’ultimo, in ordine di tempo, a smentire che Quota 100 contribuirà in maniera diretta a creare nuovi posti di lavoro è stato Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil Bergamo, il quale, come riportato da  bergamonews.it,  ha dichiarato: “Chi ha progettato Quota 100 pensava che ogni lavoratore accompagnato alla pensione avrebbe fatto posto a tre nuovi posti di lavoro. Purtroppo ci troviamo a guardare in faccia ad una triste realtà: per ogni dieci lavoratori che vanno in pensione viene assunto un giovane. Siamo ben lontani dai parametri annunciati”.

I paletti di Quota 100 

Ezio Cigna, dell’ufficio previdenza Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 ha sottolineato l’urgenza di “una discussione su una riforma previdenziale seria, che abbia il criterio della flessibilità fino in fondo, consentendo la libertà di scelta ai lavoratori, in un sistema economico in equilibrio”. Per Cigna: “Bisogna capire che il mondo del lavoro non è tutto uguale e quindi immaginare quota 100 senza fare una minima distinzione fra chi fa il muratore, chi fa l’impiegato, chi è precario, chi è donna, determina oggi delle platee profondamente diverse”

L’esponente sindacale ritiene che il Governo abbia sbagliato conti su Quota 100. “Abbiamo fatto uno studio, con stime e proiezioni sul flusso della platea potenziale di quota 100, sulla base delle risorse stanziate dal governo. Il risultato è che i conti sono sbagliati: per noi, le persone che usufruiranno del provvedimento saranno al massimo 325 mila a fine anno, contro le 973 mila ipotizzate dall’esecutivo”. Secondo Cigna: “Aver scelto una quota 100 così rigida, con i paletti dei 62 anni di età e dei 38 di contributi, non risponde a fette importanti del mondo del lavoro, perché restringe a priori la platea degli aventi diritto.

“Oltretutto, il 25% delle domande pervenute all’Inps (oltre 10.000) sono state respinte per gli errori commessi dagli aspiranti pensionati e pensionate. Dunque, se si pensava a una misura del genere per superare la Fornero, si è davvero fuori strada. Senza considerare poi che quota 100 è gravosa sotto il profilo economico, perché ogni anno d’anticipo costa il 5% sulla pensione lorda del lavoratore, impedendogli di raggiungere un assegno dignitoso”, ha proseguito il sindacalista.

Previdenza al femminile

Cigna, a proposito della previdenza al femminile, ha sottolineato: “Le donne, già fortemente penalizzate dalla legge Fornero, che ha spostato la pensione di vecchiaia da 60 a 67 anni, difficilmente riescono a raggiungere i 38 anni di contributi, svolgendo spesso due lavori, quello in produzione e quello di cure, tanto è vero che solo poche migliaia (una domanda su quattro è stata presentata da una donna), hanno utilizzato quota 100″. “E la stessa opzione donna è penalizzante, in quanto è una misura che prevede un calcolo interamente contributivo, 35 anni di contributi e 58 d’età se dipendenti, o 59 se autonome”, ha aggiunto.

“Noi abbiamo presentato degli emendamenti al decreto del governo, prima anche con la legge di bilancio, immaginando un adeguamento del requisito pensionistico per le donne che svolgono un lavoro di cura, per la famiglia, per i figli e per gli anziani, confortati da quello che dice l’Istat. In sostanza, noi chiedevamo per ogni figlio uno sconto di un anno di contributi. Questo avrebbe permesso a una donna con due figli di andare in pensione con 36 anni di contributi, anziché 38, allargando comunque la forbice di una riforma che non è esaustiva per quello che il sindacato chiede, perché nella nostra piattaforma unitaria abbiamo immaginato un’uscita flessibile a 62 anni, anche in considerazione delle esigue risorse che il governo ha messo a disposizione del provvedimento nel triennio”, ha osservato Cigna.

Pensioni ed assistenza domestica 

Secondo un’analisi svolta per Il Sole 24 Ore del Lunedì da Domina (associazione nazionale di famiglie datori di lavoro domestico), in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa, con la sola pensione, il 52,9% degli anziani può permettersi l’assistenza di un lavoratore domestico per appena cinque ore alla settimana. Il 17,8% può pagare un aiuto per 25 ore (praticamente, una mezza giornata dal lunedì al venerdì) e appena il 9,5% può aspirare a una badante convivente.

“Il reddito degli anziani è difeso dalle pensioni. Ci sono, per fortuna, anzi ci sono perché c’è stato chi ha costruito e difeso il sistema pubblico di previdenza, e combattuto per tutelare il potere d’acquisto, almeno quello delle pensioni medio basse. Eppure la maggior parte degli anziani fa fatica, si sa. Ma quando arriva il costo di una disabilità, di una malattia che ha bisogno di cure costanti, allora davvero le cose si mettono male. Anche per questo i pensionati saranno a Roma, il 1 giugno, con Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil”, ha precisato Anna Giacobbe, funzionaria dello SPI Cgil della Liguria.

Alla luce dei dati emersi dalla ricerca sulle pensioni e l’assistenza domestica, Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social ha osservato: “Quando ci troviamo nella condizione di dover o poter scegliere se accettare o meno penalizzazioni sugli importi delle nostre pensioni mensili, utilizzando misure per raggiungere la quiescenza anticipatamente, sono certa che non tutti teniamo in debito conto anche questo aspetto. Dovremmo però, perché non è un argomento di poco conto in considerazione del fatto che ci stiamo avvicinando alla cosiddetta terza”.

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